Sarebbe bello sapere come mai ogni mattina due automobili di servizio e tre uomini di scorta presidino e accudiscano la passeggiatina di Massimo D’Alema e del suo labrador nero che per differenti necessità visitano i giardini pubblici allestiti a spartitraffico, uno solo dei due telefonando.

Si tratta forse di persona in pericolo? E se sì, per cosa? Per avere controllato con la consueta astuzia, ai tempi del Copasir, il segretissimo lavoro dei nostri Servizi ignari di essere a loro volta controllati dai cugini americani?

O forse si tratta di un privilegio a lento rilascio per certe alte cariche ricoperte nella remota Seconda Repubblica?

Quando gli accadde per una volta di agguantare Palazzo Chigi, giusto il tempo di far fuori Romano Prodi e bombardare gli ex compagni Serbi coadiuvato dai simpatici Rondolino & Velardi. Un’altra di accedere al dicastero degli Esteri e di tessere strategie di pace nella macelleria mediorientale con la fattiva collaborazione di Hezbollah. È il Mossad che lo minaccia? È Veltroni che aspetta il piatto freddo della vendetta?

A meno che non siamo tutti fuoristrada. D’Alema non dà noia a nessuno e la scorta che paghiamo non è per lui. È per il Labrador.

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