Pubblicato a mezzanotte ed un minuto del 19 giugno il tanto atteso rapporto annuale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), Tendenze Globali. La scelta della data non sembra casuale, arriva infatti proprio alla fine del G8 – dove di tutto si è parlato meno che dei più sfortunati della terra.

Il rapporto assomiglia più ad un bollettino di guerra che ad un documento dell’Onu e quindi emerge dalla lettura uno spirito profondamente critico nei confronti della leadership mondiale. Leggerlo lascia alquanto perplessi perché nelle orecchie ancora si sente l’eco dei toni rassicuranti e positivi dei potenti della guerra, che come con tante belle frasi ci hanno promesso ancora una volta di combattere l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro sporco e di promuovere la pace in Siria, facendo attenzione a tralasciare i dettagli di come questo obiettivi saranno raggiunti.

L’Alto Commissariato vuol far scattare i campanelli d’allarme sull’emergenza diaspora, lo si intuisce dal tono delle prime pagine. Ci riuscirà? difficile dirlo anche perché tra le cause prime dell’impennata del numero di rifugiati e sfollati c’è proprio il conflitto siriano. Alla fine del 2012, la diaspora globale contava ben 45,2 milioni di persone, contro le 42,5 del 2011. Di questi 15,4 milioni sono rifugiati e 937.000 lo sono per motivi politici mentre 28,8 milioni possono essere definiti sfollati, adulti, anziani e bambini, costretti ad abbandonare le proprie abitazioni a causa, principalmente, dei conflitti armati.

La notizia più drammatica è però l’incremento del numero di rifugiati e sfollati registrato lo scorso anno rispetto a quello precedenti, una crescita giornaliera di 23mila unità. E questi non sono oggetti ma persone. Era dal 1994, anno della tragedia del Ruanda e della guerra nei Balcani, che il numero dei rifugiati e degli sfollati non aumentava di tanto. In un solo anno, il 2012, più di 7 milioni e mezzo di persone hanno iniziato a vagare alla ricerca di un posto dove poter vivere perché costrette a farlo. Tra costoro c’è un milione e 100mila di nuovi rifugiati, il numero più alto registrato dal 1999. I rimanenti 6 milioni e mezzo sono gli sfollati. Come ha spiegato l’Alto Commissario António Guterres durante la conferenza stampa, nel 2012 “ogni 41 secondi un essere umano è diventato un rifugiato o uno sfollato”.

C’è da domandarsi se al G8 qualcuno ha menzionato questa situazione drammatica o se hanno tralasciato di discutere dei problemi umanitari concentrandosi su temi più popolari in tempi di crisi. Questi valori sembrano ancora più deprimenti se messi a confronto con il numero di rifugiati che nel 2012 ha cessato di esserlo. Lo scorso anno soltanto 2,7 milioni di persone, di cui 526.000 rifugiati e 2,1 milioni sfollati, hanno trovato una sistemazione soddisfacente e di lungo periodo.

Quali le cause di queste statistiche? Possibile che la crisi economica sia in qualche modo legata all’impennata del numero di persone in cerca di protezione? E’ quello che viene spontaneo chiedersi. Il rapporto delle Nazioni Unite nega però una qualsiasi relazione economica, anche se privatamente molti funzionari ammettono che le condizioni dei rifugiati e degli emigrati in alcuni Paesi stanno deteriorando a causa della recessione, ed è questo sicuramente il caso della periferia di Eurolandia.

Piuttosto, il rapporto individua nel dilagare della guerra e dei conflitti interni, come quello siriano, la causa principale dell’aumento delle diaspore. Ed infatti più della metà dei rifugiati, il 55 per cento, proviene da appena 5 zone di guerra: Afghanistan, Somalia, Iraq, Syria e Sudan. L’Afghanistan rimane la nazione che ne produce il numero più alto, un record che detiene da ben 32 anni. In media uno ogni 4 rifugiati è afgano ed il 95 per cento si trova in Pakistan o in Iran. Ciò spiega perché il Pakistan è la nazione che ospita più alto numero di rifugiati (1,6 milioni) e l’Iran è la seconda (868,200). Anche questi dati dovrebbero essere stati discussi al G8 nel giorno in cui avveniva la consegna da parte della Nato della sicurezza del paese all’esercito afgano. Giorno in cui gli Stati Uniti hanno anche ufficialmente aperto un dialogo con i Talebani.

Terzo paese con il più alto numero di rifugiati in ingresso è la Germania (589.700). Non c’è da sorprendersi, nel 2012 è infatti aumentata la capacità di assorbimento dei rifugiati da parte delle economie industrializzate, i Paesi ricchi insomma. Mentre dieci anni fa era del 70 per cento oggi è salita all’81 per cento. Dopo l’Afghanistan, la Somalia è la seconda nazione per numero di rifugiati, segue l’Iraq (746.000) e la Siria la quarta (471.000).

Discorso a parte va fatto per i minori che ammontano al 46 per cento di tutti i rifugiati, un numero in costante ascesa che preoccupa le Nazioni Unite perché costoro sono i più deboli. Ancora più preoccupante è la condizione dei bambini non accompagnati o separati dalle proprie famiglie. Lo scorso anno sono state compilate 21.300 domande di asilo per questa categoria. Si tratta della percentuale più alta mai riportata dall’UNHCR.

Chissà, forse al prossimo G20 qualcuno metterà in agenda temi come quello della diaspora globale, una tragedia di dimensioni quasi epocali, ma non è detto che se ne parlerà.

Articolo Precedente

Un laboratorio sull’assistenza sessuale. I dubbi delle famiglie

next
Articolo Successivo

Giornata mondiale del rifugiato, il Cir: “Sistema italiano al collasso”

next