Il prossimo 26 giugno si celebra la giornata mondiale contro la tortura e di sostegno alle vittime.

Può sembrare un argomento astratto o lontano e invece non è soltanto una cartina tornasole dello stato di civiltà del nostro ordinamento giuridico, ma anche un problema concreto che richiede forme di prevenzione e di contrasto forti ed efficaci.

I processi sugli abusi delle forze dell’ordine a Genova durante il G8 hanno dimostrato quanto la mancanza di un reato specifico non consenta una risposta e una sanzione adeguata verso una forma di violenza che non si limita a infliggere sofferenze fisiche ma che più radicalmente nega la dignità umana della vittima.

Il contesto internazionale di comprensibile preoccupazione per il terrorismo può diventare un alibi inaccettabile verso forme di sospensione dei diritti fondamentali, rischiando così di sacrificare i nostri principi sull’altare di presunte finalità superiori. 

La sensibilità culturale, e la consapevolezza diffusa dei diritti fondamentali sono l’unico vero antidoto (insieme a un ordinamento in cui le istituzioni sappiano avere la fiducia dei cittadini tramite l’autorevolezza e non solo l’autorità), tuttavia è urgente che l’Italia si adegui ai più avanzati standard internazionali prevedendo un reato specifico oltre che mettendo in campo tutta una serie di misura di prevenzione che la dichiarazione di Milano-Bicocca indica puntualmente.

Se volete dare la vostra adesione questo è il link dove reperire le informazioni: www.unimib.it

“Chi è stato torturato rimane torturato. […] Chi ha subito il tormento non potrà più ambientarsi nel mondo, l’abominio dell’annullamento non si estingue mai. La fiducia nell’umanità, già incrinata dal primo schiaffo sul viso, demolita poi dalla tortura, non si riacquista più.” (Jean Améry)

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