Quando Jehad Sadeq Aziz Salman ed Ebrahim Ahmed Radi al-Moqdad, 16 e 17 anni, hanno fatto ingresso nella prigione di Jaw, gli hanno dovuto preparare una divisa speciale: le taglie a disposizione erano tutte troppo grandi

Quelle taglie, infatti, sono per adulti. Ma nelle prigioni del Bahrein adulti e ragazzini condividono le stesse celle. Dai 15 anni in poi, possono essere processati come fossero maggiorenni

Jehad ed Ebrahim rischiano di diventare grandi in cella e di cambiare taglia. Il 4 aprile sono stati condannati a 10 anni per tentato omicidio, aver incendiato un’automobile della polizia, tentato di rubarne un’altra, partecipato a una manifestazione illegale e lanciato molotov. 

I due minorenni erano stati arrestati il 23 luglio del 2012 durante una protesta a Bilad al-Qadeem, un villaggio alla periferia della capitale Manama. Nelle prime 48 ore, non avevano potuto incontrare parenti e avvocati. Poi avevano denunciato di essere stati maltrattati e costretti a firmare una “confessione”. Avevano già conosciuto una prigione per adulti in attesa del processo, quella di Dry Dock.

Alla fine dello scorso anno, Amnesty International aveva rivelato che i minorenni detenuti insieme agli adulti erano decine, in gran parte arrestati nel corso delle proteste contro il governo in corso ormai da due anni e mezzo.

Da allora, la situazione non è cambiata. Le denunce di tortura ai loro danni si susseguono, insieme ad altre violazioni dei diritti umani di cui abbiamo regolarmente scritto in questo blog.

L’organizzazione per i diritti umani chiede alle autorità del Bahrein di annullare tutte le condanne dei minorenni inflitte da tribunali per adulti, celebrare nuovi processi secondo  le procedure del sistema di giustizia minorile e, nel frattempo, trasferire immediatamente nelle carceri minorili tutti i prigionieri di età inferiore ai 18 anni.

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