L’Agcom rischia il commissariamento. Questo lo scenario che si profila, dopo la sentenza depositata il 2 maggio dal Tar del Lazio. Il duro provvedimento, che i giudici del tribunale amministrativo minacciano ora di applicare, arriva al termine della lunga battaglia dell’associazione politica Lista Pannella, a cui è stata data ragione. Con il beneplacito dell’Agcom, i tre principali programmi di approfondimento politico della Rai (Porta a Porta, Annozero e Ballarò) avrebbero sostanzialmente discriminato i Radicali, negando loro la presenza in trasmissione. 

La controversia ha inizio nel giugno del 2010. Quando la Lista di Marco Pannella presenta un esposto per segnalare il mancato rispetto, da parte di Rai1, Rai2 e Rai3 (in relazioni ai rispettivi talk show), degli “obblighi di obiettività, completezza, correttezza ed equità dell’informazione, anche al fine di salvaguardia di pluralità di punti di vista, parità di trattamento e apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche”. Così come previsto dal Testo unico della radiotelevisione e dall’atto di indirizzo dell’11 marzo 2003 della Commissione parlamentare di vigilanza. Nell’esposto/denuncia vengono inoltre lamentati i ridottissimi interventi in voce consentiti nei telegiornali. Ma per tutta risposta il Garante delle Comunicazioni ignora la protesta e il mese successivo dispone l’archiviazione dell’esposto.

Con la delibera dell’8 luglio 2010 l’Agcom non rileva infatti la “sottopresenza” degli esponenti radicali rispetto alle altre forze politiche. Perché Pannella, Bonino, Perduca, Bernardini e altri intervengono intanto a Linea Notte, La vita in diretta, Cominciamo bene, Question time, Tg parlamento che, con tutto il rispetto, non possono essere paragonabili a programmi in prime time, come Ballarò. I Radicali dunque non ci stanno e si rivolgono al Tar che, con la sentenza del 9 giugno 2011, ritiene legittimo il loro ricorso e annulla la delibera dell’Agcom. “Non risulta considerato – si legge nella sentenza – come il tempo di parola in svariati programmi di vario genere e orario sia stato ritenuto comparabile e bilanciante l’assenza nei tre programmi di punta serali”.

Il braccio di ferro tuttavia non finisce qui perché l’Agcom, oltreché i Radicali, stavolta ignora anche il Tar. E nell’ottobre del 2012 emana una nuova delibera con la quale ritiene di dover confermare la precedente decisione, di archiviare, cioè, l’esposto dei pannelliani. “I ricorrenti – riporta la delibera 473/12 – difettano del requisito di legittimazione attiva nei termini stabiliti dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza sui servizi radiotelevisivi (…) in quanto privi di una propria ed autonoma rappresentanza parlamentare”. In poche parole, nonostante i Radicali abbiano 6 deputati e 3 senatori – con Emma Bonino vicepresidente del Senato –, per l’Agcom è come se (in Parlamento) non esistessero. “Tale requisito – viene sottolineato – può essere riconosciuto solo in capo al Partito Democratico”, nelle cui liste i Radicali sono stati eletti.

La battaglia a colpi di ricorsi, sentenze e delibere prosegue: il 9 gennaio 2013 al Tar del Lazio viene depositato un nuovo ricorso della Lista Pannella, per chiedere l’esecuzione della precedente sentenza emessa dal Tar e dunque l’annullamento delle due delibere dell’Agcom. E ancora volta il Tar dice che i Radicali hanno ragione: “Il ricorso – si legge nella sentenza depositata la scorsa settimana – è fondato e deve essere accolto”. La delibera del Garante delle Comunicazioni dell’ottobre 2012 va perciò annullata. Stavolta però l’Agcom non può più far nulla, se non eseguire entro trenta giorni quanto stabilito dai giudici del tribunale amministrativo, oltreché pagare le spese di giudizio (2mila euro). E cosa ancora più umiliante, in caso “di persistente inottemperanza dell’Autorità”, il Tribunale si vedrà costretto a nominare il commissario ad acta.

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