Era raggiante Renato Brunetta quando, davanti alle telecamere di Rai News 24, nel giorno del dibattito sulla fiducia, dichiarava: “L’Imu sulla prima casa non si pagherà a giugno né a settembre né a dicembre”. Il presidente del Consiglio Enrico Letta aveva appena presentato il suo programma alle Camere e il capogruppo del Pdl già saltellava dalla gioia. In realtà Letta ha solo promesso di sospendere il pagamento ma Brunetta, incurante delle mediazioni democristiane, tagliava corto: “L’Imu non si paga perché lo dico io che sono la maggioranza“. Brunetta ha cinquemila e 500 ragioni per saltellare dalla gioia. Se davvero passasse l’abolizione totale dell’Imu prima casa 2013 in aggiunta alla restituzione di quella pagata già per il 2012, come chiesto dal capogruppo Pdl, Brunetta risparmierà 5 mila e 500 euro. L’ex ministro ha pagato 2 mila e 750 euro e altrettanti ne dovrà pagare quest’anno (se la legge non cambia) solo per la sua dimora romana.

E il caso Brunetta è un buon test per verificare l’equità delle diverse soluzioni fiscali proposte da Pd e Pdl. Per attenuare il carico fiscale (eccessivo per tutti) sull’abitazione principale, il Pd propone di aumentare la detrazione prima casa, oggi fissata a 200 euro. Il Pdl invece vuole abolire la tassa sulla prima casa per tutti, anche per Brunetta, che possiede un villone con 14 vani catastali, giardino e piscina sulla via Ardeatina a Roma. La villa del capogruppo Pdl vale oggi più di un milione di euro ed è stata comprata grazie alla permuta di un altro appartamento più piccolo, che il politico Pdl aveva ottenuto a prezzo stracciato dall’Inpdai, del quale era inquilino sei anni prima. La storia è stata raccontata da Francesca Biagiotti di Piazzapulita.

Brunetta compra nel 2005 una casa di 74 mq con veranda su Porta Latina a Roma per 113 mila euro, una somma ridicola per quella zona. Brunetta compra con uno sconto del 40 per cento, come tutti gli inquilini del palazzo, dall’ente pensionistico dei dirigenti d’azienda, del quale l’ex europarlamentare era inquilino dagli anni Ottanta, quando arriva a Roma come consulente di Gianni De Michelis al ministero del Lavoro. La casetta di Porta Latina sta stretta a Brunetta che, dopo essersi fidanzato con l’amata Titti Giovannone, decide di acquistare una casa in campagna vicino alla zona di origine di sua moglie. La villa è distribuita su due piani. Al piano inferiore un bagno, cucina e 4 camere, a quello superiore 4 bagni, 6 camere. Più 1.319 metri quadri per il giardino e una piscina nel verde.

Per aggiudicarsi la casa sull’Ardeatina l’onorevole immobiliarista ha pagato 470mila euro in assegni e ha ceduto in permuta l’appartamento comprato nel 2005 per 113 mila euro, ma valutato ben 600 mila euro. In sei anni la casa dell’Inpdai ha quintuplicato il suo valore, garantendo all’onorevole Brunetta una plusvalenza di 487 mila euro. Quello che un operaio non guadagna in una vita. A febbraio del 2012, il ministro ha stipulato anche un mutuo di 476 mila euro, probabilmente per ristrutturare la villa, a un tasso molto vantaggioso (variabile con uno spread per la banca di solo il 2 per cento) ottenuto dalla filiale di Montecitorio del Banco di Napoli che ha una convenzione con i deputati. Se ora Brunetta imponesse a Letta la cancellazione dell’Imu e la restituzione dell’imposta versata dagli italiani per la prima casa anche nel 2012, l’ex ministro potrebbe risparmiare 2750 euro e averne altri 2750 indietro, per un risparmio totale di 5 mila e 500 euro.

La villa di Roma è solo l’ultimo acquisto nella storia della ‘Brunetta Real Estate’. Nella sua lunga attività accademica e politica Brunetta ha guadagnato tanti soldi. Molti altri ne ha presi in prestito per seguire la sua passione: il mattone. L’ex ministro possiede un casale con terreno e piscina vicino a Todi, una villetta a picco sul mare di Ravello e un’altra nel parco delle Cinque Terre più una casa a Venezia, a Dorsoduro. Tutto lecito, tutto meritato. Questo patrimonio sparso nei luoghi più belli della penisola, è stato colpito duramente dall’Imu di Monti.

Il 7 gennaio, Brunetta dichiarò a Radio 24: “Tra prima e seconda rata Imu ho pagato circa 10 mila euro e ho dovuto chiedere i soldi alla banca perché non li avevo”. Per fortuna, un attimo prima che il conto salisse a 20 mila è arrivato l’accordo Pd-Pdl. Ovviamente lui sostiene che la vera ragione della sua foga contro l’Imu non è microegoistica, ma macroeconomica: “L’Imu non è un’ossessione morbosa, ma una tassa che ha depresso l’economia. L’eliminazione dell’Imu sulla prima casa e la restituzione di quella versata nel 2012 farà ripartire, da subito, la domanda e i consumi”. In un momento in cui si chiedono sacrifici a malati e disabili, qualcuno potrebbe avere da ridire.

Con i 5 mila e 500 euro risparmiati da Brunetta si potrebbe pagare per esempio un’assistente scolastica a un bambino disabile per sei mesi. A prescindere dalla giustizia sociale, poi non è chiaro nemmeno il senso economico dell’abolizione dell’Imu. Perché la restituzione di 5 mila e 500 euro a un ricco possidente come Brunetta, che per il 2011 ha dichiarato 270 mila euro, dovrebbe rilanciare l’economia italiana mentre il pagamento di uno stipendio equivalente a un assistente sociale dovrebbe deprimerla? Davvero è questa la ricetta più giusta per rilanciare l’economia? Prima di accettare i diktat di Brunetta, il premier Enrico Letta dovrebbe rispondere a questa domanda.

Da Il Fatto Quotidiano del 5 maggio 2013

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