In Italia è in corso una strana battaglia legislativa sull’uso terapeutico delle cellule staminali, poco pubblicizzata sulla stampa. Nella sua essenza la questione è molto semplice: in tutti i paesi del mondo l’uso terapeutico di cellule staminali di derivazione embrionale o da tessuti differenziati, è considerato dal punto di vista legale analogo all’uso di farmaci. Questo comporta che l’eventuale approvazione delle cellule staminali come strumenti terapeutici, è sottoposta a valutazioni molto severe e restrittive. Una legge approvata dal Senato il 10 aprile scorso, ma non ancora dalla Camera, a seguito di un precedente decreto del ministro Balduzzi, assimila invece (secondo l’autorevole rivista scientifica Nature) l’uso terapeutico delle cellule staminali ai trapianti d’organo, che hanno una legislazione meno stringente.

Le pressioni che stanno dietro questa decisione, criticata dagli scienziati italiani e stranieri si identificano facilmente: ditte o istituzioni che preparano cellule staminali per uso terapeutico come la Stamina di Brescia, medici in cerca di notorietà o animati da uno spirito più compassionevole che scientifico, il Vaticano che vorrebbe promuovere ad ogni costo l’uso di cellule staminali di derivazione non embrionale.

Purtroppo l’uso terapeutico delle cellule staminali è tutt’altro che ovvio e alimenta nei malati speranze che potrebbero rivelarsi fallaci. Non ci sono dubbi sul fatto che le cellule staminali siano una risorsa terapeutica potenzialmente importante in molte malattie degenerative nelle quali è necessario rimpiazzare un tessuto o organo che non riesca più ad assolvere la sua funzione e risultati rilevanti sono stati ottenuti a livello sperimentale in varie malattie quali la distrofia muscolare, il diabete o le leucemie. Il pregio delle cellule staminali è la loro capacità di differenziarsi in molti o tutti i tipi di cellule mature e quindi di poter rimpiazzare tessuti o addirittura organi non più funzionanti. Il problema principale connesso con il loro uso clinico è che non è facile controllare che di questa grande gamma di possibilità sia espressa esattamente quella richiesta dalla patologia del paziente: la cellula staminale, che può fare tutto, può fare una sola cosa utile al paziente, quella che gli serve, e molte altre inutili o addirittura dannose, non escluso sviluppare un tumore. Principalmente per questa ragione, in tutti i paesi del mondo l’uso terapeutico delle cellule staminali è ancora largamente in fase sperimentale e segue la normativa dei farmaci, dei quali è necessario dimostrare l’efficacia e l’assenza di tossicità. La normativa che regola i trapianti d’organo è molto più permissiva: un cuore trapiantato, se è sano e non viene rigettato, funziona esattamente come un cuore normale e non può causare danni “imprevisti”; di certo non diventa un tumore.

Come spesso accade in questi casi l’opinione pubblica generale è blandamente interessata, i medici sono cauti, e i pazienti potenzialmente interessati sono entusiasti; ma approfittare dell’entusiasmo dei pazienti per somministrare loro terapie di efficacia non comprovata che comportano un rischio certo o presunto è deontologicamente inammissibile anche nel caso in cui la legge non lo vieti esplicitamente. Perché è chiaro che, fossero pure le cellule staminali assimilabili ad un trapianto d’organo, si tratterebbe d’un trapianto rischioso e di incerta riuscita.

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