Beppe Grillo nella sua ultima visita a Parma durante lo Tsunami tour aveva detto che l’inceneritore lo avrebbe fermato la Cassazione. Ma forse, prima ancora del verdetto finale sul sequestro del cantiere di Ugozzolo, saranno i rubinetti chiusi della F2i a spegnere il camino diventato simbolo della campagna elettorale del sindaco Federico Pizzarotti.

Il dubbio che Iren non abbia i soldi per completare l’impianto parmigiano voluto dalla Provincia targata Pd e dall’ex amministrazione di centrodestra lo aveva già sollevato in un’interpellanza il consigliere Cinque stelle reggiano Matteo Olivieri, ipotizzando che dietro il patto tra la multiutility e F2i per il nuovo polo dei rifiuti si celasse in realtà “un reperimento di risorse altrimenti non a disposizione della società Iren per terminare la costruzione dell’inceneritore di Parma”. Olivieri aveva anche sottolineato il rischio di un investimento antieconomico, come sta dimostrando la multiutility E.On in Germania, che ha deciso di cedere il ramo degli inceneritori per problemi di sovracapacità e alti costi di gestione. Stesso scenario che potrebbe presentarsi a Parma in futuro: il forno di Ugozzolo potrà bruciare 130mila tonnellate di rifiuti all’anno provenienti solo dal territorio provinciale, ma l’amministrazione Cinque stelle sta lavorando all’estensione della raccolta differenziata, con l’obiettivo di arrivare al 75 per cento entro la fine del 2014. “Se non possiamo spegnerlo, lo affameremo”, aveva ripetuto Pizzarotti dopo la fase preliminare di accensione, nella prospettiva di una provincia che avrà sempre meno bisogno di bruciare i suoi rifiuti, per cui tra l’altro il Comune ha in progetto la realizzazione di un impianto di smaltimento alternativo a freddo.

Di certo, anche alla luce di questi possibili sviluppi e del fatto che un ritardo nell’attivazione potrebbe portare alla perdita degli incentivi statali, Iren ha fretta di accendere l’impianto. A rivelarlo le scorse settimane è stato uno dei tecnici della commissione tecnico amministrativa del Pai, che si è dimesso denunciando numerose prescrizioni disattese rispetto al progetto originale proprio a causa della frenesia della multiutility di far entrare in funzione l’inceneritore.

Sul forno di Ugozzolo le questioni aperte sono tante, non ultima l’inchiesta della Procura di Parma sull’iter di autorizzazione e costruzione dell’impianto, che fa guardare con timore Vito Gamberale all’accordo tra F2i e Iren. Al momento il fascicolo vede iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di abuso edilizio e abuso d’ufficio tredici nomi tra i vertici di Iren, Provincia e Comune di Parma. I giudici hanno respinto l’istanza di sequestro del cantiere, ma hanno riconosciuto il reato di abuso d’ufficio. E addirittura nelle motivazioni hanno ravvisato l’ipotesi di corruzione per 440mila euro versati da Iren a Provincia e Comune per attività di controllo sul Pai, che secondo gli inquirenti sono poi stati spartiti sotto forma di incentivi tra dirigenti e funzionari che avevano seguito il progetto.

L’inchiesta a questo punto si potrebbe allargare e portare a nuovi provvedimenti cautelari sul patrimonio della società o addirittura a sanzioni. Lo dicono gli stessi avvocati di Iren, come si legge nel documento firmato da Gamberale in cui i legali paventano il rischio di una confisca o demolizione dell’impianto. Tanto che a preoccupare non è solo l’atteso giudizio della Cassazione sullo stop ai lavori, ma soprattutto il rischio che l’accusa dei pm si formalizzi nel reato di corruzione. Ci sono poi gli esposti di associazioni e privati cittadini, le due procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea, la commissione di inchiesta del gruppo consiliare Cinque stelle per far luce sugli atti dell’iter di autorizzazione.

La partita sull’inceneritore non è dunque ancora chiusa, soprattutto nell’eventualità di uno stop al finanziamento da parte di F2i. Mentre la lotta va avanti su più fronti, il braccio di ferro tra l’amministrazione Cinque stelle e la multiutility Iren prosegue da quasi un anno. Il primo cittadino non può formalmente fermare il forno per non rischiare di incorrere in danni economici per il Comune, visto che lo stop al cantiere imposto dall’ex sindaco Pietro Vignali (recentemente arrestato nell’inchiesta Public Money) ha portato a una richiesta di risarcimento danni da parte di Iren di 28 milioni di euro. Ha promesso però che, in quanto massima autorità sanitaria, fermerà l’impianto se si dovessero verificare sforamenti nelle emissioni: “Manterremo un serrato controllo di garanzia sull’impianto, al fine di salvaguardare i cittadini dal punto di vista sanitario”.

A complicare i rapporti tra Comune e Iren c’è anche la convenzione per l’affidamento della gestione dei rifiuti, che secondo i tecnici è scaduta a ottobre 2012 (e non, come voleva far credere Iren, nel 2014), che porterà a una nuova gara d’appalto che potrebbe non riconfermare la società e quindi rimettere in discussione l’intero sistema. A mettere i bastoni tra le ruote alla multiutility ci sono infine le nuove nomine di indirizzo comunale, formalizzate dopo gli arresti dei rappresentanti espressione dell’ex giunta di centrodestra. Raphael Rossi presidente del Cda di Iren Emilia e Lorenzo Bagnacani alla vicepresidenza di Iren stanno già dando del filo da torcere ai vertici della Spa, tanto che anche il presidente Bazzano, nella presentazione del piano industriale, ha ammesso che il neo vicepresidente sta cercando di proporre un’alternativa all’impianto di incenerimento di Parma. Una possibilità che, dopo la presa di posizione di F2i sull’accordo con Iren, potrebbe non essere così remota.

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