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Marò, l’India ha ragione

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Dilettante allo sbaraglio, il ministro degli esteri Terzi dapprima ostentava sicurezza, “stiamo agendo in tutte le sedi opportune, i marò saranno liberati”. Non succede, i mesi passano e alla seconda licenza, tanto per cambiare, infrangiamo un accordo internazionale, coprendoci di vergogna. Pacta sunt servanda, insegnava il giurista Grozio, lo si studia in tutte le facoltà di giurisprudenza, ma l’ineffabile ministro che non rispetta gli accordi dice “abbiamo solidi argomento giuridici”. Se erano così solidi, perché non sottoporsi a giudizio ? Non sappiamo se l’incidente è avvenuto o no in acque indiane o internazionali, sappiamo però per certo che ci sono due pescatori morti ammazzati, “per errore”.

Errore grave , se le cose stanno così, che giustifica che ci sia un tribunale a decidere. Ma la nostra diplomazia non è riuscita né ad evitare il giudizio né ad ottenerlo in tempi ragionevoli: si sono solo pagati risarcimenti alle famiglie di quei poveretti. L’improvvida decisione di sottrarsi al giudizio e offendere un paese a cui avevamo dato la parola, per di più accade in un momento delicatissimo in cui la presunta mazzetta pagata da Finmeccanica per la commessa da 500 milioni di euro ha già reso turbolenti i rapporti tra il governo indiano e l’ Italia. Era proprio il momento giusto signor ministro capo della diplomazia per offendere l’ India con un comportamento scorretto?

Guarda caso ne è seguita una perquisizione negli uffici della Finmeccanica e l’ambasciatore italiano, subito convocato a Dehli, rischia di essere dichiarato persona non grata.

E che nessuno chiami eroi i marò, speriamo che questo almeno ci sia risparmiato, per non aggiungere alla tragedia dei pescatori e alla vergogna della parola non rispettata anche il ridicolo.

 

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