Il legittimo impedimento alla fine accolto dai giudici del processo Ruby che hanno aggiornato l’udienza a lunedì 11, non ha fatto il bis che l’imputato ricoverato al San Raffaele per “essere monitorato” e i difensori davano per scontato e pretendevano al processo di appello per i diritti Mediaset.

Il procuratore generale infatti ha chiesto come aveva fatto Ilda Boccassini la visita fiscale; i medici legali hanno verificato che l’infiammazione oculare non costituisce un impedimento assoluto e quindi l’udienza non è stata sospesa anche se i difensori si sono rifiutati di svolgere le loro funzioni. Cicchitto ha dato degli “stalinisti” ai magistrati e dei “nazisti” ai medici; Alfano ha ribadito la mobilitazione di piazza contro i tribunali politici e il coordinatore Sandro Bondi ha avvertito che “di questo passo nessuno potrà  controllare la collera dei cittadini”. 

Le reazioni sono quelle prevedibili in un partito che “non ha perso” come si riprometteva ma che è all’angolo e dopo il voto è ulteriormente asservito al capo che detta non solo l’agenda “politica” e cioè  quella delle sue udienze,  ma che ha fatto piazza pulita di ipotetici competitori interni e di presunti delfini, ora tutti più che mai megafoni dell’autore della “mirabolante rimonta.”

Se fino al voto le date delle udienze erano ostaggio di presunti e inderogabili impegni elettorali e politici adesso senza nessun imbarazzo dei portavoce politici e mediatici dell’imputato sono partite le campagne contro le date “simboliche” come l’8 marzo per la requisitoria Ruby. Prevedibilmente a seguire verranno messe all’indice come date manifestamente faziose mirate all’annientamento politico di Berlusconi il 19 marzo festa del papà e il 12 maggio festa della mamma.

In parallelo con le battaglie quasi quotidiane per far slittare all’infinito le udienze di processi ormai a sentenza, da dopo il voto il partito di Berlusconi è quasi esclusivamente impegnato nell’organizzazione della guerra totale contro i magistrati che ha il primo appuntamento-clou nella manifestazione del 23 marzo a piazza di Spagna.

Le forze residue sono concentrate ad irridere Bersani, semicostretto dalla situazione a rincorrere Grillo e a rinunciare all’asse con il Pdl a causa del troppo fitto calendario giudiziario di Berlusconi, nonostante tutto il rammarico espresso da D’Alema.

E’ facile immaginare quale sarà il tenore della manifestazione, dopo le smentite e le riconferme sulla sua annunciata finalità di mobilitazione popolare contro un potere dello stato e più che mai dopo le esplicite minacce odierne riguardo “la difficoltà di controllare la collera dei cittadini” per la persecuzione di cui sarebbe oggetto Berlusconi. Soprattutto se si tiene conto che di qui al 23 marzo ai processi milanesi si dovrebbe aggiungere quello con rito immediato a Napoli per la compravendita di senatori che i pm si apprestano a chiedere dopo aver tentato invano per 3 volte di sentire Silvio Berlusconi.

Invece al momento è ancora difficile prevedere quale impedimento totale e assoluto potrà invocare Berlusconi, imputato di corruzione insieme all’ex senatore dipietrista e a Valter Lavitola quando in aula Sergio De Gregorio ripeterà quello che con dovizia di particolari ha raccontato spontaneamente per ore ai pm con ampi riscontri documentali.

Intanto per l’informazione, in specie quella del cosiddetto servizio pubblico, il problema se non il pericolo tout court per la democrazia italiana continua a chiamarsi Beppe Grillo, mentre la congiuntivite di Berlusconi è stata vissuta con sofferta partecipazione. L’8 marzo, per esempio, mentre a Linea Notte un Maurizio Mannoni preoccupato sottolineava quanto sia doloroso il disturbo che ha colpito Berlusconi, a RaiNews24 il conduttore Carlo De Blasio si scusava del poco tempo per la rassegna stampa notturna dedicato quasi in toto a leggere il fondo de Il Giornale a firma Salvatore Tramontano su Silvio, il moribondo e Ilda, la persecutrice dall’illuminante titolo “Il malato è la Giustizia” 

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