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Grillo, Sky e l’occasione persa (da tutti gli altri)

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Il divieto di Beppe Grillo imposto ai giornalisti, in una piazza pubblica per un comizio elettorale, non va discusso: perché impedire l’informazione è contro la democrazia. È un concetto talmente semplice che se non viene rispettato potrebbe, e sarebbe enormemente grave, sembrare normale. Al netto di quei commentatori che usano la gabbia grafica per fare campagna al partito amico, nessun giornalista ha sottovalutato le censure di Grillo, proprio colui che, di solito, le denuncia contro se stesso.

Quel che colpisce, e subito scivola via, è il comportamento di Sky. Perché c’è sempre chi riflette uno stile e chi si adegua. Il telegiornale di Sky, un gruppo non italiano, era l’unico ammesso al palco assieme ai colleghi esteri. C’è il fresco precedente di un’intervista all’emittente satellitare, promessa e poi negata da Grillo. Sky ha ricevuto il contentino e, per quasi tre lunghissime ore, non si è ribellata, non ha chiesto (pubblicamente) eguali diritti, ma si è fatta ingolosire da una presunta esclusiva che aveva del ridicolo: trasmettere le immagini di un intervento davanti a centinaia di migliaia di persone. La casta dei giornalisti, ormai ci sono più caste in Italia che in India e presto lo saranno anche le marmellate, si è fatta sentire su twitter: un corale appello chiedeva a Sky di rifiutarsi, di far notare a Grillo che uno vale tutti e non uno vale uno come predica per il suo Movimento.

Dopo tre ore, appunto, il direttore Sarah Varetto ha emesso un cinguettio: Skytg24 mette a disposizione il segnale. Ottimo. Per una corrispondenza di guerra o un documentario in Lapponia, ma si trattava di accendere le telecamere su piazza San Giovanni di Roma. Anche i giornalisti stranieri, con esterofila lentezza, si sono accorti che stava per accadere qualcosa di strano.

E in serata, in forma istituzionale dopo aver superato lo sbarramento di sicurezza, si sono dichiarati solidali con i colleghi italiani con poche righe di un comunicato stampa. La campagna elettorale è finita e mai come questa volta, complice il freddo inverno e le gelide casse dei partiti, si è svolta in televisione. E non è stato un eccellente servizio. Grillo ha sfruttato il racconto in contumacia con un tradizionale, e fenomenale per partecipazione, giro di piazza: abbiamo ascoltato le sue insindacabili risposte e nemmeno una domanda.

Numerosi concorrenti – tipo Rivoluzione Civile – sono stati ignorati. I tre apripista – Pier Luigi Bersani, Silvio Berlusconi e Mario Monti – sono apparsi ovunque e sempre con la stessa formula, dettata da una legge di par condicio inadeguata. Il confronto fra i maggiori leader non c’è stato.

La nostra memoria sarà piena di cagnolini adottati in fretta, improbabili rimborsi di tasse, atipici giaguari da smacchiare, desistenza incontrollata e rientri a casa di massa. E l’ultima cartolina, forse quella decisiva, l’ha mandata in onda Sky. Buon voto a tutti.

Twitter: @teccecarlo

Il Fatto Quotidiano, 24 Febbraio 2012

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