Un taglio di 2.750 posti di lavoro. Il responsabile delle risorse umane di Telecom Italia, Antonio Migliardi, ha incontrato i sindacati e ha illustrato il piano di riorganizzazione del gruppo di telecomunicazioni controllato da Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Generali, che passerà attraverso “l’internazionalizzazione di attività e recuperi di efficienze nelle varie strutture”, come riferiscono in una nota unitaria Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil. Per il biennio 2013-2014 – ha riferito l’azienda – si stimano eccedenze per un totale di circa 2.750 persone.

L’azienda, in accordo con il sindacato, “vorrebbe gestire le eccedenze attraverso un processo industriale con internalizzazione di attività e con gli strumenti di legge che sono mobilità volontaria per i circa 250 lavoratori che potrebbero avere i requisiti per il raggiungimento della pensione, oppure volontari che aderiscono anche in assenza di questi, o ancora attraverso un accordo per l’uscita obbligatoria degli aventi diritto a pensione o tramite contratti di solidarietà”.

La decisione del gruppo s’inquadra nel piano triennale del gruppo che prevede per l’Italia un taglio dei costi per 1,3 miliardi di euro, 400 milioni nel 2013, 300 milioni nel 2014 e 600 milioni nel 2015. Necessità che non sono diminuite con l’entrata nel vivo della vendita di La7. Al di là delle condizioni particolarmente vantaggiose per l’acquirente, Urbano Cairo, infatti, l’eventuale cessione dell’emittente tv non risolve affatto i problemi di Telecom, gravata da 28,2 miliardi di euro di debiti, eredità dei passaggi di mano dalla privatizzazione in poi. Lo bene anche la holding Telco, che racchiude il 22,4% del gruppo telefonico di proprietà delle banche e che nei giorni scorsi ha svalutato ancora la sua quota nella compagnia telefonica, portando oltre quota 5,2 miliardi di euro il saldo delle perdite registrate dai soci subentrati a Tronchetti Provera dal 2007 a oggi.

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