Non so che giorno sia oggi, ma non è un bel giorno.
Vorrei riassumervi la mia condizione di vita degli ultimi 15 mesi. 455 giorni… 455 giorni che mi “gratto”. Sì mi gratto. 455 giorni possono essere tanti o pochi. Se stai facendo il giro del mondo con la persona che ami in prima classe con annesso e connesso, di meglio non c’è.

Se invece sei tormentata da un prurito folle, nel senso di pazzo, volubile, isterico, è proprio una schifezza. Un momento ti prude la schiena, poi passa al seno, poi al ventre, poi dietro il collo, poi una caviglia, e così via. Si ricomincia da capo.
Vado su google alla voce prurito trovo: “Il 64% degli anziani in Italia soffre di prurito senile.”
Non basta diventare vecchi… devi sopportarti pure il prurito.
Faccio due conti aiutata da Chiara, altra preziosa assistente. Gli anziani in Italia sono 12,3 milioni – Fonte Istat: il 64% di 12,3 milioni dà il seguente risultato: 7.872.000. Sette milioni ottocento settantadue mila grattosi. Non c’è altro termine.
 
Ci penso un po’ su, poi li sistemo tutti in Piazza del Duomo e in mezzo a loro grido in un enorme megafono: “Grattiamoci!” E via che parte una specie di danza mongola. Tale danza enfatizza ampi movimenti delle braccia… le braccia terminano con le mani e con le dita rapaci ci si gratta. C’è chi si gratta da solo, chi gratta chi gli sta davanti che a sua volta è grattato da chi gli sta dietro, si formano file interminabili di grattanti, gemiti di piacere riempiono la piazza… gratta, gratta che ti gratto e di lassù La Madonnina sorride.
“Madonnina mia, non ti pare che quasi 8 milioni di persone si grattano in continuazione siano troppe?”
 
Partiamo da Milano per raggiungere Jacopo e goderci la famiglia per una po’ di tempo. Siamo nel mese di giugno… e mi gratto.
 
I circa 455 giorni trascorsi da allora ad oggi con tutte le loro disgrazie sono stati orribili. Ne ho viste di tutte.
 
La prima disgrazia: scivolo in bagno, batto il torace sul bidét, 2 costole incrinate. Dolore ad ogni respiro, immaginatevi il resto.
La seconda: Luca, uno dei nostri preziosi assistenti, mi sta collegando il computer nel mio studio ad Alcatraz. Naturalmente inciampo nel filo elettrico che è a terra tra una stanza e l’altra e mi faccio un bel volo e frano a terra. Mi alzo subito. Muovo ogni arto, fianchi, un po’ di danza del ventre… tutto a posto. Ok. Mi duole appena appena il polso sinistro. Non ci faccio caso. Devo sbrigarmi, tra 10 minuti, alle 17, ho il corso di teatro. Ecco Jacopo che mi viene a prendere. Dopo un attimo siamo nel piccolo teatro colmo di giovani e qualche anziano. Quattro chiacchiere di presentazione e poi: “Vorrei montare due brani, uno comico, Il risveglio e uno drammatico, lo stupro, vi potranno servire per i provini quando vi presenterete a registi per essere assunte… scritturate per un ruolo in una commedia.
 
L’atmosfera è festosa. C’è molta attenzione. Vengono distribuiti i testi. Il polso mi fa un po’ male. Cerco di non pensarci. Decido di proiettare i due brani per fare entrare più facilmente le attrici nel personaggio. Dopo la proiezione invito a salire sul palcoscenico e cimentarsi nel monologo. “Forza, chi vuole essere la prima?” chiedo. Un timido “Io” mi arriva dal fondo platea. “Vieni!” parto con un applauso seguito da tutti. La ragazza sale in palcoscenico e via che inizia. La lascio andare per un po’ poi la interrompo: “Bene. Ora ricomincia da capo.” L’Interrompo dandole i giusti toni e indicazione per i movimenti. “Scusa, non posso fartelo vedere perché ho male al braccio… cerca di immaginarti bene quello che stai facendo… ecco così… brava…” Molte sono le giovani che affrontano la prova.
Sono le 8, tutti a cena.
Passo una notte nell’impossibilità di addormentarmi causa polso dolente.
Il giorno appresso passa nello stesso modo.
Il terzo giorno mi decido per la radiografia che tutti mi consigliano.
Ospedale di Perugia. Radiografia: frattura multipla scomposta. Bisogna ricomporla. L’infermiere non fa complimenti: “Le farò un po’ male.” E’ stato di parola. Una tortura ragionata, dito dopo dito. Professionale. Competente. Calmo. Pure bravo visto il risultato. 
Gesso: 30 giorni.
Rassegnata me ne torno a casa. La vita con un braccio solo è un po’ complicata. Per mia fortuna m’è capitato in casa un angelo che mi protegge. Si chiama Tommasa ma preferisce farsi chiamare Tata.
Viene dalle Filippine. Ha lasciato marito e 4 figli laggiù. E’ venuta in Italia per lavorare e guadagnare denari e dare un futuro ai suoi figli. Tata è bella. Il suo viso sprigiona dolcezza. Ci abbiamo messo poco tempo a volerci bene. Sono spesso ammalata, e lei mi aiuta in tutto. Ormai sono Tata-dipendente.
La terza disgrazia: Tosse, una gran tosse che arriva non so da dove: temperatura 38. Il mio secondo angelo protettore, Prof. Milazzo, scienzato del corpo umano, consiglia radiografia: polmonite. Il professore scuote la testa come a dire: “Questa non ci voleva.”
Antibiotici. Ok. Sarà finita, no?
No.
Ogni tanto Dario mi dice: “Devi farti benedire”.
Fra poco inizierò a pensare che ha ragione.
Tre giorni fa, scivolo sullo scendiletto all’indietro.
Da non crederci.
Piombo a terra battendo testa, schiena, coccige.
Solitamente se mi serve qualcosa comunico tramite gli interni telefonici con studio Dario, cucina, oppure con un campanellino.
Con uno sforzo estremo riesco a sedermi. Studio la situazione. Di alzarmi neanche a parlarne. Chiamare è inutile: la porta è chiusa. Vedo gli oggetti dei miei desideri, apparecchio telefonico e campanellino, irraggiungibili.
Decido per una operazione azzardata: raggiungere la porta, aprirla e chiamare aiuto. Strisciare sul sedere sino all’uscio con un dolore alla schiena insopportabile. Mi allungo tutta per raggiungere la maniglia. Apro. Chiamo.
Non sentono. Dario sta al computer tutto il giorno sul sito di Grillo. Sono certa che se gli fosse possibile lo sposerebbe. “Tutta la mia vita con te, amore mio, per sempre!”
Urlo: “Jessicaaaaaa”.
Nessuno mi sente.
Mi lascio andare a terra stremata… prima di notte spero passi qualcuno… o tutti hanno abbandonato la postazione famiglia?
Sento freddo. Mi arriverà qualche altro accidente. Chiudo gli occhi rassegnata.
Ora qualcuno mi raccoglie, tutti parlano, mi posano sul letto. Arriva prof. Milazzo. Visita accurata, costola dopo costola, vertebra dopo vertebra. Tutto a posto. Mi pratica una iniezione Voltaren. Dormo.
“Domani è un altro giorno” diceva la perfida Rossella.
Me lo sto ripetendo anch’io… e mi gratto.
Jacopo fa un appello su Internet raccontando del mio prurito. Arrivano un mare di consigli, il più intelligente? “Ha prurito? Si gratti.”
Mio figlio mi ha inviato una quantità eccessiva di creme. Quella che a volte mi dà sollievo l’olio di iperico che Tata usa per massaggiarmi. Oggi ad esempio sto benino. Forse perché mi sto distraendomi snocciolandovi le mie disgrazie.
Vediamo domani.
Vi ho raccontato la mia storia nella speranza che qualcuno mi possa suggerire un rimedio.
Un bacio a tutti,
Franca
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