Il politico e il boss durante un aperitivo elettorale. Da un lato l’ex assessore regionale del Pdl Domenico Zambetti, bicchiere in mano e sguardo rilassato. Dall’altro Pino D’Agostino manager della ‘ndrangheta e fiduciario milanese della potente cosca Morabito. Marzo 2010. Sono giornate convulse. Le urne si avvicinano. Da lì a poche settimane i cittadini lombardi rinnoveranno il consiglio regionale. Vincerà il centrodestra confermando per la quarta volta Roberto Formigoni capo indiscusso del Pirellone. Ma quelle saranno anche elezioni inquinate dalla mafia. La procura di Milano non ha dubbi, tanto che il 10 ottobre 2012 Zambetti finisce in carcere per voto di scambio e concorso esterno. Della partita è lo stesso D’Agostino e un altro faccendiere legato alle cosche. Si chiama Eugenio Costantino. Secondo il pm Giuseppe D’Amico l’ex assessore alla Casa è a loro che pagherà duecentomila euro per ottenere quattromila preferenze. Un bel pacchetto di voti veicolato dalla ‘ndrangheta e sostenuto dall’influenza (mafiosa) dello stesso D’Agostino. E’ in questo rapporto che viene messa agli atti la fotografia scandalosa che ritrae il politico con un pezzo da Novanta della cosca Morabito, la stessa che pochi anni fa si era permessa di aprire un night club all’interno dell’Ortomercato di Milano.

LO SCATTO RUBATO
Lo scatto rubato è stato allegato all’interrogatorio del 12 dicembre 2012 sostenuto da Eugenio Costantino, il quale, a domanda risponde: “Si tratta di foto fatte in occasione dell’aperitivo pre-elettorale ai Bersaglieri di Magenta. La foto 2 ritrae Domenico Zambetti e Giuseppe D’Agostino. La foto 3 gli stessi due in compagnia del signor Valerio”. Fino a oggi, di quelle immagini si aveva solo il racconto dello stesso Costantino, intercettato il 13 maggio 2010. Quel giorno il presunto collettore di voti parla con un amico: “Avevamo fatto una cosa per incastrarlo (…) a Zambetti (…) quando abbiamo fatto la festa a Magenta”. E ancora: “Noi a Zambetti l’abbiamo fotografato con Pino (D’Agostino, ndr)”. Quindi spiega il concetto: “Si vede che si stringono la mano, quella stretta di mano vuol dire tante cose e lui è rovinato”.

LA RIUNIONE CON IL MINISTRO ROTONDI
Insomma, una foto vale molto di più di centinaia di intercettazioni. E così il volto tranquillo di Zambetti e lo sguardo attento di D’Agostino, nascosto da occhiali neri con lenti fumè, raccontano in un istante il lato oscuro della politica lombarda. Ma anche la capacità della ‘ndrangheta di scalare l’establishment politico della regione più ricca d’Italia. Dice Costantino: “Ho conosciuto Zambetti nel 2009 durante la campagna elettorale per le europee, in una riunione in un hotel milanese, alla quale partecipava anche il ministro Rotondi”.

LA PROVA DELL’ACCORDO POLITICO-MAFIOSO
Pochi mesi dopo quell’incontro, il politico sigla l’accordo elettorale con la ‘ndrangheta. La prova, secondo la procura, sta incisa nei file vocali che Costantino ha registrato con il suo cellulare il 15 febbraio 2012. Dice Costantino: “Io con te un accordo l’ho già fatto due anni e mezzo fa e quell’accordo, Mimmo, verrà rispettato fino all’esasperazione (…) perché se no muore Sansone con tutti i filistei”. Quindi aggiunge: “Non siamo dei coglioni, abbiamo una grossa precauzione per far sì che alcuni politici mantengano quello che hanno detto”. Interrogato sul punto, Costantino ridimensiona il tutto, legando le sue parole all’assunzione di sua figlia Teresa all’Aler, l’Azienda regionale per l’edilizia residenziale.

LA LETTERA DEL BOSS AL POLITICO E LE BUSTE CON I SOLDI
La procura, invece, interpreta quella registrazione come la prova dell’accordo politico-mafioso. E del resto, un dato incontrovertibile, confermato dallo stesso Zambetti, è il pagamento. Buona parte di quel denaro è indirizzato a Pino D’Agostino, il mafioso della foto che si presenta al politico come immobiliarista. Il rapporto inizia così e prosegue anche dopo le elezioni. D’Agostino scrive una lettera al politico che viene riassunta da Costantino: “Egregio assessore – scrive il boss della ‘ndrangheta – visto che per suoi impegni non è stato possibile incontrarci, le invio questa mia missiva. Come lei sa, io mi sono impegnato a fondo per procurarle voti. Purtroppo, oggi, la crisi che incombe, speravo che lei mi ricevesse perché volevo parlare con lei di un’eventuale possibilità di lavoro. Tra buoni meridionali non c’è problema se ci beviamo un caffè assieme”.

La lettera, molto probabilmente, anticipa i contenuti dell’incontro che avviene ai primi di dicembre del 2010 negli uffici di via Mora. Con D’Agostino c’è anche Costantino che mette a verbale: “A un certo punto ricevetti una telefonata e andai fuori dall’ufficio. Sono tornato dopo una decina di minuti. In quel momento Zambetti e D’Agostino si stavano stringendo la mano”. Il gennaio successivo Costantino riceve da Zambetti una busta gialla. “Mi disse: questa è per il signor D’Agostino”. Pochi giorni dopo Costantino consegna la lettera al boss: “Aprì la busta davanti a me, prelevò una mazzetta di banconote e mi diede una parte”. A marzo ci risiamo. D’Agostino chiede a Costantino di tornare da Zambetti “perché doveva consegnarmi una busta destinata a lui”. Dentro ci sono 15mila euro.

IL DISOBBEDIENTE

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