Restano ai domiciliari con l’accusa di disastro ambientale il patron dell’Ilva, Emilio Riva, il figlio Nicola, come pure l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso. La prima sezione penale della Cassazione ha deciso di respingere i tre ricorsi presentati dagli avvocati del management dell’acciaieria. In particolare, la Suprema Corte ha confermato l’ordinanza di custodia eseguita il 26 luglio scorso del gip Patrizia Todisco quando furono eseguiti  primi arresti nei confronti dei vertici Ilva nell’inchiesta per disastro ambientale. Lo scorso 29 ottobre gli arresti erano stati confermati anche dal Tribunale del Riesame. Per i difensori dei Riva essendo ai domiciliari dal luglio non avrebbero potuto più inquinare le prove. 

Il gip Patrizia Todisco, lo scorso 26 luglio, aveva anche firmato il provvedimento di sequestro (senza facoltà d’uso) degli impianti e disposto le misure cautelari per gli indagati nell’inchiesta. “La gestione del siderurgico di Taranto è sempre stata caratterizzata da una totale noncuranza dei gravissimi danni che il suo ciclo di lavorazione e produzione provoca all’ambiente e alla salute delle persone” aveva scritto il gip nell’ordinanza di sequestro. In seguito il governo Monti, dopo una lunga battaglia legale tra proprietari e magistratura e in considerazione delle ricadute occupazionali, ha emesso il cosiddetto decreto “Salva Ilva”, poi approvato dal Parlamento. Il provvedimento però è stato impugnato dalla Procura di Taranto che lo ritiene incostituzionale e quindi sarà la Consulta a decidere se la norma rispetta la legge fondamentale dello Stato. 

 

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