Da garante ha controllato le firme raccolte da chi si voleva candidare alle primarie del Pd a Torino, stabilendo chi può partecipare e chi no. Ma solo pochi giorni Caterina Romeo è stata condannata a un anno e quattro mesi perché non ha convalidato in maniera regolare le sottoscrizioni a sostegno della lista elettorale “Consumatori per Fassino” nel 2011. Un bel pasticcio per i democratici torinesi e un bell’assist a Beppe Grillo, che sul suo blog parla di “Buffonarie”. Lei, a ilfattoquotidiano.it, dice: “Non ritengo opportuno replicare alle polemiche. C’è stata la sentenza, ricorreremo in appello, mentre per le primarie abbiamo organizzato 166 seggi in tutta la provincia gestiti da volontari. Un meccanismo di scelta unico in Italia”.

Ex segretaria provinciale del partito al momento della sua fondazione, responsabile dell’organizzazione e consigliera provinciale, Caterina Romeo è stata condannata in rito abbreviato il 13 dicembre scorso. Il gup Federica Bompieri ha accolto la richiesta di pena a un anno e quattro mesi fatta dal sostituto procuratore Patrizia Caputo, lo stesso magistrato che ha indagato sulle firme false del consigliere regionale Michele Giovine e su altri casi simili. Stando agli accertamenti della polizia giudiziaria, eseguiti dopo la denuncia di un cittadino, la consigliera non ha convalidato alcune firme dei sostenitori della lista al momento della raccolta, così come richiedono le norme. “Alcuni sottoscrittori non ricordano di avermi visto”, riassume lei. Per questa ragione è stata ritenuta responsabile di un’irregolarità che le è valsa la condanna. “I miei avvocati e io abbiamo invocato la mancanza di dolo e richiesto delle attenuanti che mi sono state concesse”, spiega per poi aggiungere: “Non siamo tutti uguali. Ci terrei a dire che io e Erika Faienza (altra consigliera provinciale a processo per fatti simili) non abbiamo fatto nulla di simile a Giovine. Io non mi sono candidata in quella lista, non avevo nessun interesse perché non l’avevo organizzata io e non ci sono candidati a loro insaputa come nella lista Giovine. Qualcuno non si è ricordato se io c’ero al momento della sottoscrizione”.

Tuttavia proprio nei giorni in cui è arrivata la sua condanna è ripartita la macchina per le primarie dei parlamentari. Lei, in quanto responsabile dell’organizzazione del Pd a livello provinciale, è entrata di diritto nella commissione dei garanti che la scorsa settimana ha controllato le firme portate dai politici che volevano candidarsi. A presiedere la commissione un condannato in via definitiva per finanziamento illecito ai partiti, Giancarlo Quagliotti, ritenuto colpevole insieme al “compagno G” Primo Greganti per una tangente della Fiat al Pci. All’interno del partito nessun imbarazzo, anzi Romeo precisa: “Ho avuto la piena solidarietà del partito e nessuno ha messo in discussione il mio ruolo. Ritengo di poterlo svolgere con diligenza, imparzialità e onestà. Il controllo sulle firme non l’ho fatto io da sola ma con altre persone. Gli elettori possono stare tranquilli”. A sostegno di questa tesi porta l’esempio dei due ricorsi fatti da Sandro Plano dopo l’esclusione dalle primarie: sia la commissione di garanzia regionale sia quella nazionale hanno accertato la correttezza delle procedure. “La decisione di abbassare la soglia di 400 firme per alcune donne candidate invece è stata votata collegialmente dalla direzione provinciale del Pd per rispettare il regolamento delle primarie, che prevede un numero pari di uomini e donne. L’unico modo per poter rispettare il parametro era fare una sorta di deroga”, conclude.

Articolo Precedente

Primarie Pd, pochi vip (a rischio) e candidati “locali” per vincere al Senato

next
Articolo Successivo

Elezioni: il ruolo di magistrati, comici e giornalisti

next