Il San Filippo Neri è uno degli storici ospedali pubblici di Roma. E’ un riconosciuto centro d’eccellenza della sanità laziale: nel 1994 ha ottenuto lo status di nosocomio di rilievo nazionale e di alta specializzazione. L’elevata qualità delle prestazioni erogate non è bastata a risparmiarlo dalla lista nera degli ospedali laziali che rischiano di essere tagliati dalla “spending review” regionale del commissario per la sanità Enrico Bondi. Le ipotesi, per il San Filippo Neri, vanno dalla cancellazione di 170 dei 530 posti letto attuali alla chiusura dell’intera struttura, nella quale lavorano circa 2500 dipendenti tra medici e altro personale. Uno scenario paradossale non solo per la sua qualità, ma per la quantità di denaro pubblico che è stata investita nell’ospedale negli ultimi due anni. Il padiglione D del San Filippo Neri, una palazzina di sette piani per la quale sono stati stanziati circa 15 milioni di euro, è stata battezzata con un solenne taglio del nastro dall’ex governatrice Renata Polverini il 13 ottobre 2010 ed è entrata in funzione nel 2011. Al suo interno, solo sei mesi fa sono stati inaugurati due nuovi reparti per l’attività medica intra moenia. Nuovo taglio del nastro e nuovi fondi pubblici (quasi 2 milioni di euro), ma le corsie sono ancora inutilizzate: i corridoi e le stanze (singole spaziose e confortevoli, con televisore a schermo piatto) sono ancora deserti, e l’ospedale potrebbe chiudere addirittura prima dell’arrivo del primo paziente. Il reparto di radiologia, poi, è uno dei fiori all’occhiello dell’ospedale e uno dei migliori dell’Italia centrale, soprattutto grazie ai recenti investimenti. Come l’acceleratore lineare per la radioterapia, un gigantesco macchinario da oltre 2 milioni di euro. Un’apparecchiatura nuova, ancora in attesa dei permessi burocratici per iniziare a utilizzarla: il via libera, ironia della sorte, è arrivato solo l’altro ieri, ora che sul San Filippo Neri pende la spada di Damocle della chiusura di Tommaso Rodano

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