Cosa è passato nella mente di Luiz Adriano, ieri sera, quando – con gli avversari immobili, in attesa che la sua squadra restituisse il pallone – ha deciso di proseguire la sua corsa, saltare il portiere, e appoggiare in rete il pallone del vantaggio per lo Shakhtar? E cosa avrà spinto i prodi giocatori ucraini (anche se di ucraini nella squadra di Lucescu ce ne sono giusto un paio…) a non consentire al Nordsjaelland di segnare immediatamente il contro-gol, come sarebbe stato logico aspettarsi in una situazione del genere? Sono domande legittime, sorte nella mente di tutti gli sportivi dopo il rivedibile spettacolo andato in scena ieri sera a Copenhagen.

“Sono contento per i tre gol, anche per il primo”, ha dichiarato dopo la partita l’attaccante brasiliano con una bella dose di sfacciataggine. Che lo Shakhtar potesse vincere in Danimarca era nell’ordine naturale delle cose e il 5-2 finale lo dimostra: questione di superiorità tecnica e motivazioni. Resta la brutta pagina di fail fair play, come molti l’hanno definito. Da un punto di vista regolamentare, nulla vietava a Luiz Adriano di proseguire l’azione e segnare: lo impediva una legge non scritta del calcio che – dai campetti di periferia al Bernabeu – impone a una squadra di restituire il pallone a quella che ne era in possesso prima che il gioco fosse interrotto dall’arbitro in seguito all’infortunio di un giocatore. Il mondo del pallone è pieno di episodi virtuosi che, a loro modo, hanno fatto scuola: storico – anche per il carattere tutt’altro che docile del protagonista – il gesto di Paolo Di Canio in Everton-West Ham del dicembre 2000.

Il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, si è detto “stupefatto” di quanto accaduto a Copenhagen, una situazione da lui definita kafkiana (“Sembrava la scena di Blow Up di Antonioni, quando giocavano a tennis senza pallina”). Meno ironico il commento del presidente dell’Associazione calciatori, Damiano Tommasi, raggiunto telefonicamente dal fattoquotidiano.it: “Luiz Adriano avrebbe dovuto restituire la palla, è una regola non scritta e lui e i suoi compagni avrebbero dovuto rispettarla. Non so dire se l’abbia fatto apposta o no, bisognerebbe aver vissuto la situazione in prima persona”.

In conferenza stampa Lucescu ha provato a smorzare i toni: “Sono dispiaciuto per come sono andate le cose. Luiz Adriano mi ha detto di aver agito d’istinto”. “Dopo – ha provato a giustificarsi il tecnico romeno – avevamo deciso di lasciar segnare il Nordsjaelland, ma Taras (Stepanenko ndr) non ha capito le nostre istruzioni e ha interrotto l’azione”. Il Nordsjaelland il gol di ‘risarcimento’ l’ha effettivamente segnato, tre minuti più tardi, non è chiaro se per meriti propri o per deliberata ‘morbidezza’ della difesa ucraina. Poco importa: la brutta figura per lo Shakhtar resta, a macchiare una campagna di Champions fin qui pressoché impeccabile. Chi – con un pizzico di cinismo – può accogliere con un sorriso quanto accaduto al Parken sono i tifosi della Juve: il successo degli ucraini in Danimarca consegna ai bianconeri un avversario con la pancia piena. Difficile che a questo punto lo Shakhtar scenda in campo nell’ultima partita con il coltello tra i denti, cosa che avrebbe fatto se avesse ancora dovuto giocarsi la qualificazione.

Quel che non ha fatto ieri sera Lucescu, lo fece Bepi Pillon nel dicembre 2009. E’ la 17a giornata di Serie B, il suo Ascoli ospita la Reggina. Dopo pochi minuti il reggino Valdez si infortuna, prova a calciare fuori il pallone ma Sommese interviene e serve ad Antenucci il gol del vantaggio. I giocatori della Reggina, che si erano fermati, ingaggiano una caccia all’uomo. L’arbitro riporta la calma e alla ripresa del gioco Pillon ordina ai suoi di far pareggiare immediatamente gli avversari. La Reggina vincerà l’incontro 3-1 ma il gesto di Pillon sarà accolto con ammirazione in tutta Europa, tanto da valergli una candidatura al premio fair play istituito dalla Fifa, lo stesso vinto da Di Canio nel 2001.

In Inghilterra, nel febbraio del 1999, un episodio simile ha come protagonista l’ex interista Nwankwo Kanu. Ad Highbury l’Arsenal riceve lo Sheffield United nel quinto turno di FA Cup. A un quarto d’ora dalla fine, sull’1-1, il portiere ospite Alan Kelly calcia fuori un pallone per consentire ai sanitari di soccorrere un compagno a terra. Alla ripresa del gioco Ray Parlour effettua la rimessa in direzione della difesa dello Sheffield: Kanu, all’esordio con la maglia dell’Arsenal, s’impossessa del pallone nello stupore generale e serve a Overmars il pallone del 2-1. I giocatori dello Sheffield non ci stanno e, su indicazione del loro allenatore Steve Bruce, abbandonano il campo per protesta. Dopo otto minuti il gioco riprende, la gara finisce 2-1 per l’Arsenal, ma il risultato non viene omologato: nell’immediato dopo partita, il tecnico dei Gunners Arsene Wenger propone alla Federazione di rigiocare l’incontro: “E’ una situazione senza precedenti”, sentenzia il manager francese. Il replay, dieci giorni dopo, finirà con un altro successo dell’Arsenal, che uscirà dalla vicenda a testa alta.

Nei giorni scorsi, sui tabloid britannici, il nome di Luiz Adriano è stato accostato proprio all’Arsenal, alla disperata ricerca di un erede di Van Persie. Chissà se, dopo quanto accaduto ieri, Wenger – che ancora siede stabilmente sulla panchina dei Gunners, in netto contrasto con quanto avviene sulla sponda Blues di Londra – sarà ancora dell’idea di portarlo all’Emirates.

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