Il credito del Pd nei confronti di Sergio Marchionne sembra essere ai minimi storici. I tempi in cui molti dirigenti democratici si esprimevano in favore delle visioni industriali dell’ad Fiat non sono lontani, ma almeno per ora sembrano archiviati. La parabola discendente viene accelerata dalle odierne dichiarazioni del segretario dei democratici Pierluigi Bersani. “Quello di Fiat è un gesto inaccettabile”, ha detto Bersani con riferimento ai 19 lavoratori messi in mobilità dopo il reintegro seguito al contenzioso con la Fiom. E ancora “il comportamento dell’azienda contiene un messaggio che non fa bene al Paese persino sul piano morale”. Il leader del Pd ha poi spiegato che “se viene riconosciuto un errore o una colpa, l’errore di un’azienda non può essere scaricato su altri lavoratori che hanno bisogno di mantenere una famiglia”. A quel punto, a chi gli chiedeva cosa farebbe se fosse lui il premier, Bersani ha risposto che “discutendo tutti insieme, una soluzione la si sarebbe trovata, magari con gesti che segnalino una direzione di solidarietà e non di scontro”. Un tavolo dunque, al quale far sedere i lavoratori, i sindacati, e l’ad Marchionne. Altra questione è convincere l’amministratore di Fiat a sedercisi. Dettagli, evidentemente. Come fate a costringere Marchionne? “Eh”, fa Bersani, “vabbé”. Poi, ripreso sulla questione, fa sapere che lui, al posto del governo avrebbe già costretto Marchionne a una telefonata. “Poi tu”, chiarisce il segretario, “vedi un po’, cosa vuoi fare tu”  di Franz Baraggino

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Fiat: “I 19 di Pomigliano? Storici oppositori”. Ma poi purga il comunicato

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