Esiste un percorso comune, quasi scontato, nell’evoluzione del gusto di chi ama il vino; almeno per chi è tra i 30 e i 40 anni e ha vissuto certe stagioni e certe mode.

Si parte assaggiandone un po’ di tutto, prima di arrivare ai primi paletti e ai pruriti sul vino smaccatamente industriale. Ci si ferma a lungo sui rossi robusti e strutturati, per poi finire ad amare i vini bianchi freschi acidi e minerali. Le bollicine, specie quelle francesi, cominciano ad ossessionarti e si diventa negativamente sensibili agli eccessi di solforosa. Cerchi di sfuggire all’infame marchio di enofighetto, ma la situazione ti sfugge di mano e ti accorgi di faticare a deglutire molti rossi celebrati che ti sembrano spremute di legno. Quello è il momento in cui la Valle d’Aosta potrebbe diventare la tua regione vinicola preferita e Ermes Pavese il tuo Dio. Ma di lui non parlerò oggi.

Ovviamente il percorso tracciato non vale per tutti, ma molti ci si riconosceranno. Per quello che mi riguarda la Valle d’Aosta svolge tre fondamentali funzioni personali:

– si producono vini molto vicini ai miei gusti

– facilita la mia tendenza all’enciclopedismo e alla comparazione – se dovessi scegliere il Piemonte come regione d’adozione mi ci vorrebbero 4 fegati e 3 vite per essere esaustivo

– vi si trovano alcuni dei rossi più adatti per ricominciare a berne come faccio verso l’inverno

Uno di questi è la DOC Valle d’Aosta Torrette, un rosso di montagna generalmente poco conosciuto (almeno a chi non segue attentamente il mondo del vino), nonostante sia comunque quello più prodotto nella regione. Il Torrette è a base Petit Rouge (il disciplinare ne prevede almeno il 70%), vitigno autoctono che cresce fino a 750 metri.

Il Torrette dimostra che si possono fare dei rossi di buon corpo, freschi e di grande beva. Al naso è complesso e ricco di sfumature speziate e di frutti di bosco. In bocca presenta dei tannini generalmente fini; è armonioso, acido e felicemente pepato. Dura berne meno di tre bicchieri in un pasto.

Tra le cantine che si annidano nella mia memoria e quelle che ho assaggiato questi giorni mi sento di citare sicuramente Les Crêtes (la più nota azienda valdostana) che ne fa una versione semplice ed efficace, come anche Grosjean. Interessante anche quello diFeudo San Maurizio in cui però mi è sembrato di avvertire un po’ troppa tecnica. Il più rinomato è comunque quello prodotto da Elio Ottin di cui ho assaggiato il Torrette Superiore 2010, ottimo mix tra complessità e bevibilità. Tra le aziende che invece mi riprometto di assaggiare c’è sicuramente Chateau Feuillet.

 

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