Aeroporto di Fiumicino, Roma. Domenica 30 settembre 2012, ore 21.40. Il volo Blue Panorama proveniente da Lampedusa è appena atterrato con un’ora e mezza di ritardo. “Buonasera, è il comandante che vi parla. Vi prego di rimanere seduti ai vostri posti. Inspiegabilmente ci fanno sapere che il nostro volo non era ‘schedulato’, per cui manca il personale che avrebbe dovuto disarmare l’aereo e farci scendere. Dicono che cercheranno di rimediare il prima possibile”.

Passano venti minuti. A bordo portelloni chiusi, aria condizionata e luci spente e passeggeri arrabbiati. Ma è solo l’inizio. Finalmente si ricordano di venirci a prendere. Due autobus stipati di gente raggiungono lo scalo. I più fortunati, quelli che non avevano bagagli da imbarcare, se ne vanno. Gli altri raggiungono il nastro numero 7. Prima del nostro, dovrebbero arrivare altri due carichi di valigie. Aspettiamo. Passa mezzora, sono le 22,30 e le prime borse da Lampedusa si materializzano. Una decina in tutto. Poi lo scarico si interrompe. Pazienza.

Dopo un’altra mezzora, arrivano i bagagli da Praga. Del resto quei passeggeri aspettavano da più tempo. Ci dicono di stare tranquilli, ma poco dopo Lampedusa viene cancellata addirittura dai monitor. Per la società che gestisce il carico-scarico, evidentemente quel volo non esiste più. Le facce dei passeggeri cominciano a diventare scure. Mancano all’appello una trentina di bagagli. Qualcuno va a chiedere informazioni al banco assistenza, mentre gli altri rimangono a presidiare il nastro 7. “Li stanno cercando su tutti gli altri rulli” è il verdetto. Dopo altri dieci minuti un addetto ci raggiunge e, alzando le braccia, recita: “Devono essere rimasti a Lampedusa”. Ma come, a Lampedusa? E che, hanno caricato solo una parte dei bagagli? Possibile? In uno scalo in cui arriva(va)no tre voli al giorno (ora neanche più quelli)? Le voci si scaldano. Tutti insieme, a quel punto, raggiungiamo lo sportello: “Chiamate almeno Lampedusa per informarvi”. Un omone che è con noi, e che di mestiere fa il bodyguard, prende in mano la situazione: “Vado io a vedere” e sparisce insieme a un addetto. Fanno il percorso delle valigie a ritroso. Niente. Non ci sono. Ma almeno poco dopo arriva la certezza che da Lampedusa sono partite.

E allora? Che siano precipitate in volo? A mezzanotte e qualcosa si fa la fila per la denuncia di smarrimento, una procedura farraginosa in cui devi indicare la forma, il modello, la marca e il colore del tuo bagaglio. Non basta il tagliandino adesivo col numero. Quando, stanca e arrabbiata, finisco e decido di andar via, l’omone si ricorda di avere il numero del pilota dell’aereo. All’una di notte, finalmente, l’arcano si svela: le nostre valigie non sono mai state scaricate, l’aereo è ripartito, ora si trova a Palermo. Il pilota è andato personalmente nella stiva a verificare. Ora deve tornare indietro, arriverà a Fiumicino non prima delle 2. I bagagli ce li porteranno a casa lunedì. Con comodo.

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