Ci sono due mondi che spesso si incontrano d’estate, sono quelli del trash e dell’ultra/trash. Spiagge come il Paranga di Mykonos, che dovrebbe essere  la più trendy dell’isola, diventa uno sterminato bancone d’esposizione di carni al sole, glutei gelatinosi di giovane ragazze (da far riflettere a lungo sulla dieta mediterranea), cosce cellulitiche  e tette scolpite dal silicone, il 90% per cento dei bagnanti è sotto i 30 anni. In spiaggia non c’è un centimetro quadro non utilizzato, anche i lettini finiscono sul bagnasciuga con piedi direttamente in ammollo.

Unico accesso al mare è una passerella di 40 centimetri, dove si creano ingorghi umani con strusciate granulari di sudori e sabbie, insomma un peeling gratuito a base di traspirazione. Il ristorante, con tavoli in legno verde pastello da taverna greca, serve una buona impepata di cozze, dopo che ne abbiamo già fatta un’indigestione visiva sotto l’ombrellone. Basterebbe chiudere gli occhi e immaginarsi in una Mykons all’ombra dei mulini a vento, quando una quarantina d’anni fa era una destinazione radical/chic. Ma anche l’orecchio è sottoposto ad un martellamento di decibel. Infatti, dalle quattro del pomeriggio in poi, le spiagge si trasformano in disco/beach con ritmi impazziti da acid house. Ma l’apoteosi dello (s)ballo si raggiunge al “Tropicana” sulla spiaggia del “Paradise”, che a dispetto del nome sembra una fotografia di un girone infernale.

Il deejay è uno che ci sa fare, gasa i ragazzi schiamazzanti, li fa ballare sui tavoli al suon incitante di “F…ck Ibiza”, sbandierando una rivalità tra i due divertimentifici stra/ultra/iper/cafonal. Due cubiste alla buona, altezza un metro e sessanta, sventolano freneticamente le chiappe. Duemila teenager già pieni d’alcool strillano all’impazzata. Quando poi una delle due si toglie il reggiseno, l’atmosfera diventa da guerriglia urbana. Uno dei proprietari, Sasà, ex poliziotto della provincia di Milano riciclatosi a icona trash, dimena la proboscide cucita sul davanti del suo perizoma. In confronto Punta Suina, piccolo paradiso gay, sulla baia di Gallipoli  è un luogo di sobria eleganza. Povero Mare Nostrum, il Mediterraneo da culla di civiltà a salotto (o se preferite a “cassonetto”) di inciviltà.

P. S. Allego sotto un campionario di eloquenti foto alla Pizzi. Della serie meglio rimanermene a casa…Buon ferragosto a tutti.

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