E così il Presidente della Repubblica, dopo aver perso un amico, ha perso pure le staffe. Pochi – tra questi una, come sempre, lucidissima Barbara Spinelli, donna che a parere di chi scrive meriterebbe di salire sul Colle nel 2013 (cosa che ovviamente, in questa Italia, non succederà mai…) – si sono azzardati a criticare l’ennesima reprimenda del Colle a coloro che organi di informazione non degni di questo nome hanno definito “sciacalli”. E’ ancora possibile in Italia chiedere, civilmente, spiegazioni al Quirinale senza essere additati come “irresponsabili”? Le modalità di intervento del capo dello Stato e delle altre istituzioni possono essere oggetto di dibattito sui confini dei poteri e sulla autonomia della magistratura?

Sembra di vivere un eterno deja vu. Critiche da esponenti di destra, di centro e di sinistra (imputati e non) piovono quotidianamente sul Pm Antonio Ingroia. Oggi come ieri. Proprio come accadde a Giovanni Falcone. Possibile che si debba sempre aspettare che magistrati, politici coraggiosi (Pio La Torre), veri “servitori dello Stato” (Carlo Alberto dalla Chiesa, Giorgio Ambrosoli, uomini e donne delle scorte come Emanuela Loi e Vito Schifani), vengano ammazzati prima di ricevere l’unanime – spesso cinica ed ipocrita – solidarietà dell’intero Paese, per il cui futuro questi uomini e queste donne rischiano la vita?

L’ultimo atto di questo atteggiamento a dir poco discutibile – ed oggi talmente bipartisan da apparire “normale” a chi si informa solo guardando i telegiornali -, che chiama in causa non solo chi ricopre incarichi istituzionali ma la coscienza di tutti i cittadini italiani, riguarda il Pm Roberto Scarpinato: il consigliere laico del Csm Nicolò Zanon (in quota Pdl) ha chiesto all’organo di autogoverno della magistratura italiana di aprire una pratica per trasferire il magistrato dalla Procura di Caltanissetta. La sua colpa? Aver chiamato in causa pubblicamente, lo scorso 19 luglio in via D’Amelio nel 20° anniversario della strage da cui è nata la cosiddetta Seconda Repubblica, quelli che ha definito “sepolcri imbiancati“. Dopo aver letto questa notizia ho creato un evento su Facebook che ha il titolo dell’articolo che state leggendo. Ma non basta: bisognerebbe trovare ben altri strumenti ed energie per di-mostrare la nostra solidarietà di cittadini non inermi a Scarpinato, Ingroia, Di Matteo e agli altri giudici “in prima linea”.

Il dramma è che negli ultimi vent’anni le cose, anche da questo punto di vista, sono peggiorate non poco. Da tempo l’Associazione Nazionale Magistrati è diventata più realista del re: un moderatismo e una “prudenza” che hanno prodotto, come unico tangibile risultato, l’oggettivo isolamento dei magistrati più esposti e coraggiosi. Un isolamento istituzionale solo parzialmente compensato dalla crescita esponenziale di un movimento antimafia che, nonostante tutto, vede i giovani sempre più protagonisti.

Un esempio. Era l’inizio di dicembre del 2008. Mentre l’ANM, anziché censurare il tentativo della procura di Catanzaro di “espropriare” illegittimamente le indagini sul caso de Magistris ai colleghi di Salerno, si dichiarava “sgomenta per quanto sta accadendo”, il Presidente della Repubblica (ovvero Presidente del Csm) inviava la seguente lettera al procuratore generale Lucio Di Pietro:

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno ha effettuato ieri perquisizioni e sequestri nei confronti di magistrati e uffici della Procura Generale presso la Corte di appello di Catanzaro e della Procura della Repubblica presso il Tribunale di quella città. Tali atti di indagine, anche per le forme e modalità di esecuzione, hanno avuto vasta eco sugli organi di informazione, suscitando inquietanti interrogativi. Inoltre, in una lettera diretta al Capo dello Stato, il Procuratore generale di Catanzaro ha sollevato vive preoccupazioni per l’intervenuto sequestro degli atti del procedimento cosiddetto ‘Why Not’ pendente dinanzi a quell’ufficio, che ne ha provocato la interruzione. Tenendo conto di tutto ciò, il Presidente Napolitano mi ha dato incarico di richiederLe la urgente trasmissione di ogni notizia e – ove possibile – di ogni atto utile a meglio conoscere una vicenda senza precedenti, che – prescindendo da qualsiasi profilo di merito – presenta aspetti di eccezionalità, con rilevanti, gravi implicazioni di carattere istituzionale, primo tra tutti quello di determinare la paralisi della funzione processuale cui consegue – come ha più volte ricordato la Corte costituzionale (tra le altre, con le sentenze e le ordinanze n. 10 del 1997, 393 del 1996, 46 del 1995) – la compromissione del bene costituzionale dell’efficienza del processo, che è aspetto del principio di indefettibilità della giurisdizione.

C’è o non c’è il legittimo sospetto che il vero “esproprio” sia, in realtà, quello operato nel 2007 dal Csm, quando decise di avallare lo scippo delle indagini Why Not e Poseidone al Pm che se ne era occupato? Per rispondere a questa domanda basterebbe leggere l’atto – lo si può fare scaricando questo pdf – che chiuse l’inchiesta della procura di Salerno su quei fatti. Tra i 12 indagati spiccano alcuni nomi: il senatore del Pdl Giancarlo Pittelli, l’ex sottosegretario Udc Giuseppe Galati, i magistrati Mariano Lombardi, Salvatore Murone e Dolcino Favi. L’accusa per costoro è corruzione in atti giudiziari. Vedremo gli sviluppi. Nel frattempo, l’ex capo della Procura di Salerno Luigi Apicella e i due pm che avevano iniziato l’inchiesta, Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani – e tutti gli italiani – non meritano forse delle spiegazioni?

 

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