Uno può pure avere dei dubbi sulla scelta dei magistrati di chiudere in un giorno, con una sola ordinanza, l’area a caldo dell’Ilva di Taranto che da mezzo secolo avvelena l’aria, la terra, gli uomini. Ma non può averne sulla politica e suoi politici, anzi sull’antipolitica e gli antipolitici – di Taranto, della Puglia, d’Italia – che viaggiano dentro le corsie preferenziali del loro mondo ripulito, occupandosi di territorio e lavoro solo come risorse di propaganda.

Per loro l’inquinamento è sempre presunto. Le ricerche epidemiologiche provvisorie. Le soluzioni: da ricercare insieme, prepariamoci, vedremo. E poi certo, gli operai, il posto di lavoro è sacrosanto. Ed è sacrosanta l’industria, ci mancherebbe, tanto più che per farle posto si sono dovuti sradicare 20 mila ulivi, come nel caso dell’Ilva, anno di grazia 1959.

Considerano molto professionale mantenersi equidistanti tra la diossina e gli operai: una dicotomia di cui parlare, senza sognarsi di risolverla. Per questo sembrano sempre presi alla sprovvista, addirittura disturbati. Stavano facendo altro ed ecco che davanti ai loro vetri blindati “è scoppiata un’emergenza”. Urge una commissione, un tavolo, una tavolata.

Il Fatto Quotidiano, 29 Luglio 2012

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