Era il settembre del 2009, stava per terminare il mio secondo mese di stage al Gr1. Proposi al caporedattore Vito Cioce di realizzare uno speciale su Tutto il calcio minuto per minuto, che proprio in quell’anno avrebbe compiuto il suo 50esimo anno di vita. “Va bene, ma intervista Provenzali”. Io, giovane cronista ‘di provincia’ a fare domande a quello che per me rappresentava né più né meno di un mito. O, meglio, un compagno affezionato che ogni santa domenica, per oltre vent’anni, aveva accompagnato i miei pomeriggi scapigliati. Prima in campagna: cicale, radiolina e Serie A. Poi in giro per tutti campi polverosi di Puglia a seguire la squadra della mia città, il Fasano. Un rito capace di rinnovarsi ogni sette giorni grazie a una sigla e una voce, quella di Alfredo Provenzali.

Quella domenica Provenzali era in ritardo. Non capitava mai. Avevamo appuntamento negli studi di Saxa Rubra per una breve intervista che doveva rappresentare il cuore del mio lavoro. Arrivò mezz’ora prima dell’inizio di ‘Tutto il calcio’. ‘Don Alfredo‘ (in Rai c’era qualcuno che lo chiamava così, quasi a paragonare la sua classe al microfono a quella di Di Stefano col pallone) salutò i tecnici e disse: “E’ già arrivato il ragazzo?”. Mi presentai. “Perdonami il ritardo, come posso esserti utile?”. E io, timido: “Signor Provenzali, mi piacerebbe che raccontasse qualche aneddoto che le è capitato nella sua carriera, negli stadi in cui ha lavorato: vorrei far comprendere agli ascoltatori, magari a quelli più giovani di me, cosa ha rappresentato e rappresenta ancora Tutto il calcio minuto per minuto“. Provenzali sorrise e mi indicò di seguirlo.

Una volta sulla scala antincendio, si accese una sigaretta. Io feci lo stesso. “Guarda, innanzitutto non chiamarmi signor Provenzali e dammi del tu”. Con quelle parole iniziò un viaggio: lo stadio di Sampierdarena, a Genova, la sua città natale. Il pubblico di Napoli. La diffidenza dei fiorentini. Il calore dell’Olimpico di Roma. I colleghi delle radio locali. Tutto raccontato con quella voce ineguagliabile e familiare, con quello stile pulito, netto, senza punti esclamativi. Il tempo di una sigaretta, niente più. E un grande insegnamento, col sorriso: “Sei giovane, pensa a chi ti ascolta o chi ti legge, mai a chi ti paga”.

Sigla, stacchetto, via: “Gentili ascoltatori, buon pomeriggio dagli studi di Saxa Rubra di Radio Uno Rai da Alfredo Provenzali”. E il rito si è ripetuto, anche quella volta. Ma per me da allora ha avuto un sapore diverso.

Ps: Alfredo Provenzali è morto stamattina, a Genova. Oggi sarebbe stato il suo 78esimo compleanno. Radiocronista sportivo di razza, con Enrico Ameri e Sandro Ciotti ha rappresentato per generazioni di italiani il calcio alla radio. Un mese fa ha vinto il premio giornalistico Biagio Agnes. Non riuscì ad andare a Capri per ritirarlo. Il direttore di Radio Uno Antonio Preziosi ha proposto di intitolargli la sala riunioni multimediale del Gr. Chissà se lui avrebbe voluto.

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