Un documento in lingua inglese firmato dalla società di consulenza Deloitte che boccia il Vaticano sulle “criticità” nell’applicazione delle nuove procedure antiriciclaggio. Ettore Gotti Tedeschi lo ha consegnato ai magistrati romani che lo hanno interrogato martedì scorso. Il banchiere ha descritto la sua battaglia per imporre la trasparenza allo Ior. In questo contesto ha ripercorso le vicende già tratteggiate in un precedente verbale del settembre del 2010 quando ai pm Nello Rossi e Stefano Fava aveva raccontato anche i suoi rapporti confidenziali con Anna Maria Tarantola, ex numero due della Vigilanza Banca d’Italia e prossimo presidente Rai: “Mi fa sempre vedere le lettere che manda” (alle banche italiane sulla questione Ior, ndr).

Gotti, nell’interrogatorio di martedì scorso, condotto stavolta anche dal procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, ha spiegato il ruolo avuto dalla società di consulenza Deloitte e ha raccontato il clima di caccia alle streghe del quale a suo dire sarebbe rimasto vittima. L’ex presidente dello Ior ha detto di essere stato sottoposto in Vaticano a un vero e proprio interrogatorio; nelle vesti di pm l’avvocato americano Jeffrey Lena, il superconsulente della Segreteria di Stato per le questioni legali. Gotti era sospettato di avere passato soffiate ai giornalisti come la notizia, imbarazzante per il Vaticano, della chiusura da parte della Jp Morgan di un conto Ior a Milano.

Il procuratore aggiunto Nello Rossi e il sostituto Stefano Fava stanno studiando il documento della Deloitte che si aggiunge a quelli sequestrati dal reparto operativo del Noe dei Carabinieri, guidato dal capitano Pietro Raiola Pescarini. La società di consulenza aveva ricevuto due compiti da Gotti nel 2010: certificare il bilancio vaticano e valutare le procedure della banca in materia di antiriciclaggio. Il risultato di questo lavoro fu trasmesso allo Ior e all’Aif (l’agenzia vaticana antiriciclaggio) a giugno. Già nel 2010 Gotti Tedeschi aveva parlato con i pm della consulenza Deloitte ma si era rifiutato di consegnare il rapporto: “Queste sono cose interne”, aveva detto ai pm allora. Interrogato martedì, dopo essere stato rimosso, ha cambiato atteggiamento consegnando un secondo rapporto Deloitte del luglio 2011 dove sono descritte le “criticità” anche nelle nuove procedure antiriciclaggio della banca. Forse un parere poco gradito visto che, con la motivazione del costo eccessivo, Deloitte non è stata riconfermata nel suo incarico.

Quel vecchio interrogatorio del 30 settembre 2010 non finisce però di dare spunti. Gotti allora ammetteva l’esistenza di operazioni cifrate: “Fino a un anno fa c’erano numeri di codice per gli ordini dei bonifici a nome Ior e io ho detto mai più. Questo è intollerabile… I rapporti con le istituzioni erano attraverso codici cifrati, non dichiaravano chi era l’ente”. Paolo Cipriani, il direttore amministrativo rimasto oggi nella banca vaticana, operava sui conti, lui non sapeva nemmeno chi fossero gli intestatari reali. Poi aveva proseguito così: “Ci sono dei conti “laici esterni”, alcuni privilegi concessi nel passato. Da quando c’è il nuovo segretario di Stato non si aprono più e c’è l’invito a estinguerli”.

Diceva che in Vaticano non era amato per quello che stava facendo ma forse non immaginava quanto. Interessanti le parole di Gotti di allora anche sul ruolo di Anna Maria Tarantola nel-l’accompagnare lo Ior nel difficile percorso per entrare nella white list degli stati più affidabili per l’organismo europeo Moneyval. La dottoressa Tarantola, all’epoca direttore generale della vigilanza di Banca d’Italia, era un punto di riferimento della banca vaticana. “Vado tutte le settimane in Banca d’Italia, vado da Mario Draghi e dalla dottoressa Tarantola con una continuità – spiegava ai pm Gotti – la Banca d’Italia dice alle banche italiane: ‘Nei confronti dello Ior adottate queste procedure’ e siccome i miei rapporti personali sono eccellenti io ho avuto una comunicazione continua con loro. Mi dicono: ‘Guarda Ettore che abbiamo chiesto alle banche italiane e ti facciamo leggere prima le lettere che escono’”. Poi il banchiere del Vaticano, interrogato dai pm aggiungeva: “Certo il suggerimento se siamo in due, è più facile averlo”. A questo punto il pm Fava, probabilmente un po’ sorpreso per quanto Gotti raccontava chiedeva conferma del fatto che le lettere erano mostrate al presidente Ior prima del loro invio e Gotti Tedeschi rispondeva: “Il Direttore Generale della Vigilanza, la Dottoressa Tarantola, mi fa sempre vedere le lettere che manda, me lo avrà detto sicuramente. Io in Banca D’Italia vado quasi tutte le settimane”.

Anna Maria Tarantola non replica ma fonti della Banca d’Italia sostengono che “gli esponenti della banca vaticana sono sempre stati ricevuti in maniera formale”. Quanto alle lettere mostrate all’allora presidente dello Ior, si fa notare che “le lettere potevano essere talvolta commentate dopo l’invio alle banche e mai prima. Questo per far capire quale erano i comportamenti che lo Ior doveva tenere per poter continuare ad avere rapporti con le banche italiane”.

di Francesca Biagiotti 

Da Il Fatto Quotidiano del 14 giugno 2012

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