Nuovi risvolti sul caso della morte di Alina Diachuk, la 32enne ucraina trovata impiccata il 16 aprile a un termosifone della camera di sicurezza del commissariato di Villa Opicina di Trieste. Due poliziotti in servizio al commissariato sono indagati dal pm Massimo De Bortoli, che sta cercando di fare luce sulla vicenda, mentre il vicequestore Carlo Baffi, capo dell’ufficio immigrazione, è stato messo in congedo.

I due agenti sono accusati di omicidio colposo e violata consegna. I poliziotti avrebbero dovuto sorvegliare la giovane, che aveva già tentato di togliersi la vita in carcere, ma nonostante fossero anche coadiuvati da una telecamera di sicurezza non si sono accorti, nei 40 minuti di agonia della donna, di ciò che stava accadendo. Il materiale video è stato visionato dagli inquirenti; si vede chiaramente la donna che si stringe un laccio della felpa al collo e mette in atto l’intento suicida. A trovarla priva di vita altri due agenti dell’immigrazione che erano andati a prenderla per accompagnarla dal Giudice di pace. Il poliziotto in servizio di piantone secondo il regolamento, avrebbe dovuto verificare costantemente quello che accadeva all’interno della stanza dove era stata detenuta l’ucraina, mentre l’altro destinatario di un’informazione di garanzia quel giorno invece era uscito dalla caserma lasciando il collega. Ieri gli investigatori sono andati al commissariato di Opicina dove hanno notificato gli avvisi effettuando contestualmente le relative perquisizioni disposte dal pm De Bortoli.

Il vicequestore Carlo Baffi a capo dell’ufficio immigrazione, indagato sempre per la morte di Diachuck, per omicidio colposo e sequestro di persona, è stato invece messo in congedo dopo diverse pressioni dell’opinione pubblica, fra cui una manifestazione indetta da Occupy Trieste, Sel e Rifondazione comunista a cui hanno partecipato circa 200 persone. Paolo Pacileo, suo avvocato ha presentato un’istanza al Tribunale del Riesame per l’annullamento del verbale di sequestro dei libri e dell’altro materiale prelevato mercoledì scorso a casa di Baffi. Si tratta di una decina di volumi dichiaratamente antisemiti: gli autori sono tra gli altri Julius Streicher, Adolf Hitler e Julius Evola. Gli agenti quel giorno avevano anche sequestrato, poco prima della perquisizione a casa, anche sei proiettili di pistola non denunciati e una copia della targhetta dell’Ufficio immigrazione delle dimensioni di un foglio protocollo. Sulla parte destra della targa posticcia, è inserita una foto di Mussolini. A sinistra si legge in caratteri simili a quelli usati nel Ventennio: “il dirigente dell’ufficio epurazione“. Proprio il ritrovamento di questa targa ha innescato la perquisizione dell’abitazione di Carlo Baffi.

 

Articolo Precedente

Se Saviano supera Cosentino

next
Articolo Successivo

Milano, case popolari occupate. E per “liberarle” la giustizia diventa fai da te

next