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Bergamo, il debito era di 2400 euro. Martinelli sarà difeso dal Codacons

L'imprenditore, che il 3 maggio si è barricato armato con un funzionario dell'Agenzia delle Entrate in ostaggio, era convinto di dovere al fisco 44 mila euro e continuava a raccontarlo a tutti. Ma la cifra reale era venti volte inferiore

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Convinto di avere un debito di 44.000 euro, e pare disperato per questo, irruppe nella sede dell’Agenzia delle Entrate di Romano di Lombardia (Bergamo) e sequestrò i dipendenti. Terminati gli accertamenti, dopo un balletto di cifre, si è scoperto che Luigi Martinelli, l’imprenditore che il 3 maggio si barricò armato di fucile con i dipendenti, avrebbe dovuto pagare solo 2.400 euro.

L’uomo si era detto oppresso dai debiti, e parlando poi in carcere con i deputati Calderoli e Stucchi che lo avevano visitato, aveva detto di avere accumulato un debito di 44.000 euro per tasse non pagate relative al Consorzio di bonifica e il canone Rai. Versione ribadita anche al suo avvocato, ma sempre smentita da Equitalia. Alla Procura di Bergamo risultava invece che al fisco l’uomo dovesse versare poco più di un migliaio di euro. Gli ultimi accertamenti hanno stabilito l’esatto ammontare: 2.400 euro, appunto.

L’avvocato aveva del resto avanzato l’ipotesi che i 44.000 euro di cui parlava il suo cliente fossero frutto di un equivoco sorto durante un dialogo con un dipendente dell’Agenzia delle entrate. Martinelli si era ritrovato con una forte somma da pagare già nel 2001, anche in questo caso provocata dagli interessi di mora per mancati pagamenti: 32.000 euro, pagati due anni dopo con condono. Intanto la famiglia dell’uomo ha deciso di accettare l’offerta del Codacons e di avvalersi della difesa gratuita da parte dell’avvocato romano Giuliano Leuzzi.

Nei giorni scorsi la figlia Francesca ha scritto ai giornali locali spiegando: “La nostra è una famiglia normale, che non ama stare sotto i riflettori e suo malgrado si è trovata al centro dell’attenzione: per questo ora preferiamo non aggiungere altre parole, se non ribadire che siamo sicuri che non voleva fare del male a nessuno, che siamo con lui e che gli vogliamo bene. Non ci è possibile entrare nel merito di quello che è successo anche perché nemmeno a noi è completamente chiaro: questa vicenda deve essere chiarita prima di tutto nelle aule di giustizia. Solo allora, quando tutti i dettagli saranno nitidi, potremo parlare e raccontare di mio padre, una persona normale, un gran lavoratore, che col suo esempio ci ha insegnato i valori della vita”.

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