Le cellette sono quelle di un alveare, modello Doppio Slalom alla Corrado Tedeschi. Colori pastello e quel senso di ripetizione estetica, architettonica, cromatica che sa tanto di Karl Marx Allee. Perché gli Offlaga Disco Pax vengono da Cavriago, almeno così leggenda vuole, la Berlino Est dell’Emilia Romagna rossa del secondo dopoguerra.

Gioco di società, il terzo album del trio reggiano (Max Collini, Enrico Fontanelli e Daniele Carretti), uscito il 6 marzo 2012, è una sorta di vigoroso inno alla memoria dal vissuto sociale storicamente defunto ma che ha raffigurato almeno esteticamente un possibile segno formativo e culturale della generazione x dei 30-40enni odierni. Album che rende quasi tangibili i ricordi evocati e che va ascoltato tutto di fila domani sera, 6 aprile, al Bronson di Madonna dell’Albero (Ravenna), ennesima tappa di un tour che ha appena visto gli Offlaga toccare Modena, poi ancora Livorno, Senigallia, Roma e ancora il 24 aprile all’Estragon di Bologna.

L’album d’esordio, il cult Socialismo tascabile (2005), rimane tutt’ora pietra miliare di una musica che dà spazio ai versi declamati piuttosto che al canto, fondando una ritmica puramente elettronica, assolutamente impossibile da imitare, tanto da guadagnarsi un bel 23esimo posto (dopo Tenco e prima della Berté) nel sondaggio sugli album italiani più belli di sempre secondo Rolling Stone.

Con Gioco di società il terzetto reggiano torna agli albori, soprattutto a quella commistione tra politico e privato molto inizio settanta, in piena epoca concept album. Nel 2005 con Socialismo tascabile, infatti, si passava disinvolti e senza sbalzi da Kappler a Cinnamon, da Enver a De Fonseca; oggi, invece, con il nuovo cd si galoppa leggeri da  Palazzo Masdoni a Desistenze, da Sequoia a Parlo da solo.

Impossibile poi non innamorarsi di quel tuffo al cuore che è Respinti all’uscio, fedele cronaca dallo spioncino dell’adolescenza di quel 3 aprile 1980 quando i Police arrivarono a Reggio Emilia e la città venne messa in subbuglio dalle molotov dei teppisti del rock&roll e i piccini e spaventati Offlaga  rimasero fuori a guardare per mancanza di soldi per il biglietto.

L’ “elettronarrativa elettorale”, come al definiscono gli Offlaga, saluta l’ascoltatore con un “quarto stato” in copertina che trasforma la sagoma Pelizza da Volpedo in un coro da stadio di Piccola storia Ultras (quinto brano del cd, celletta verde pastello). Ecco allora il valore immenso di un gruppo che sembra proporre musica statizzante, ma che invece attraverso l’ingessatura del suono e l’elasticità dei testi senza un vero ritornello riesce straordinariamente a dialogare con la storia, senza tabù e senza vergogna del proprio senso di appartenenza: “Senza nostalgia, ma per ricordare un tempo in cui le ideologie erano il cibo e la politica non si faceva nei salotti”.

d.t.

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