Il 17 aprile prossimo militari e poliziotti manifesteranno a Roma dinnanzi al supremo consesso della Giustizia Amministrativa, il Consiglio di Stato, che ha sede nel celebre palazzo Spada di piazza Capo di Ferro, a due passi da Campo de Fiori.

Le ragioni sono spiegate dalle associazioni aderenti, ed in particolare dal Presidente del  GrNet.it avv. Carta, il quale ha affermato senza mezzi termini che “E’ ora che i cittadini in uniforme comprendano che il loro malessere ha spesso causa nella stretta giuridica data ai loro diritti dalla giurisprudenza della Quarta Sezione del Consiglio di Stato. Secondo quanto diramato dallo stesso Ministero della difesa, in Italia viene respinto il 95 per cento dei ricorsi proposti dai militari. Questo dato, già in sé allarmante ed anomalo, deve essere valutato considerando che nel 5 per cento dei ricorsi accolti sono compresi quelli puramente strumentali, proposti cioè per accedere ad atti amministrativi, per obbligare l’amministrazione a rispondere ad istanze o per chiedere l’ottemperanza di una sentenza”.

In misura sempre crescente (anche) a seguito di provvedimenti delle amministrazioni militari non condivisi dai destinatari conseguono veri e propri drammi, con un numero di suicidi tra gli appartenenti alle forze dell’ordine che devono far riflettere.

Senza prendere posizione sulle specifiche forme della manifestazione, credo sia giusto aggiungere le mie personali perplessità all’approccio ermeneutico dei giudici amministrativi avverso il pubblico impiego delle forze dell’ordine e dei militari, posto che la Giustizia amministrativa ha per vocazione costituzionale – più che la tutela dei diritti fondamentali e soggettivi – la tutela degli interessi legittimi, la cui giurisdizione a mio avviso sarebbe opportuno venisse affidata ai giudici del lavoro, che certamente hanno una più specifica competenza in materia, come peraltro ho già sostenuto tempo fa.

La manifestazione del prossimo 17 aprile si aggiunge così ad una serie di polemiche (e scandali) che, in misura sempre maggiore, hanno coinvolto negli ultimi anni singoli magistrati del Consiglio di Stato e deve porre alla attenzione delle istituzioni le riflessioni opportune.

Che sia ora di attribuire tutta la giurisdizione sul pubblico impiego al suo giudice “naturale”, il giudice ordinario del lavoro?