E’ l’occasione del secolo, nel senso che le combine del calcio son vecchie cent’anni. Solo che stavolta, a differenza dei precedenti casi, si può davvero far piazza pulita, una volta per tutte. Vuoi per l’evoluzione – sempre più sofisticata – dei mezzi investigativi (nel 1927 Luigi Allemandi venne inchiodato da discutibili frammenti di pizzini rinvenuti in una pensioncina, oggi solo il materiale probatorio nell’ultima ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Procura di Cremona attesta foto, pedinamenti e rogatorie internazionali, voli transoceanici, tabulati e intercettazioni telefoniche oltre frontiera, celle agganciate ai cellulari, trascrizioni Skype, E-mail, ammissioni choc, analisi dei flussi anomali nelle agenzie di scommesse), vuoi per l’impressionante mole di coinvolgimenti (spifferi di corridoio dicono 120 indagati a Cremona e 150 partite sotto la lente della Procura di Napoli, in attesa dei numeri di Bari), vuoi per l’anomala tempistica delle dichiarazioni del magistrato cremonese Roberto Di Martino (“Il fenomeno è così vasto da ipotizzare la necessità di un’amnistia, ovviamente sportiva, per ripartire da zero”), che fanno riflettere per come sono state riprese dai vertici di pubblica sicurezza e sport (Manganelli: “Ci saranno presto altre notizie, dati e risultati, perché le indagini continuano, ma non è pensabile parlare di amnistia”, Petrucci: Ho sentito anche il presidente della Figc, Abete, e quella dell’amnistia sportiva è un’ipotesi irrealizzabile”).

Allora, diciamolo chiaramente: le premesse ci sono tutte e dicono che l’occasione è più unica che rara. Oltre il ciclone Calciopoli. Ma alla fine, che succederà?

Intanto, è notizia di oggi, sono sbarcati nel porto di Ancona i croati Vinko Saka (detto Gidra) e Alija Ribic, entrambi di Zagabria, entrambi ricercati dallo scorso novembre dall’ordinanza di cattura spiccata dal giudice preliminare Guido Salvini. Nella storia degli scandali del calcio, quando un allibratore illegale, un bracciante o la mente di un’organizzazione criminale tesa alla frode sportiva si costituisce agli inquirenti, significa che siamo al punto di svolta. Che qualcuno si sente braccato, spalle al muro, e decide di vuotare il sacco. E se poi consideriamo che dalla latitanza macedone (strano, Europol e Interpol falliscono dove arriva un cronista!) Ilievski Hristyian (detto Lo Zingaro) racconta la sua verità con interviste fiume, vuol dire che l’ora della redenzione (tutti contro tutti, si salvi chi può!) è davvero vicina. “Se vanno avanti arriveranno ai direttori e poi alle società – ha svelato al Fatto Marco Erodiani, presunto boss italiano dell’organizzazione, già 11 giorni in galera – finora è stato scoperto il 10% del marcio, non di più”. Già, giusto: ma cos’è quel restante 90%?

Quando nel 1980 certi Alvaro Trinca e Massimo Cruciani (rispettivamente ristoratore e fruttivendolo col vizio delle combine clandestine) consegnarono un esposto ai magistrati romani, ipotizzando una clamorosa truffa subita da 27 calciatori ‘traditori’, tutto si sarebbe potuto pronosticare tranne che il processo potesse finire in un’assoluzione generale, per giunta senza appello (all’epoca, il codice penale non prevedeva il reato di frode sportiva). Perché già ai tempi del Totonero si diceva che non era possibile risolvere il caso con una soluzione amichevole, un pò come adesso ripetono (giustamente) Manganelli e Petrucci. Però poi, guarda caso, nel 1980 i fendenti della giustizia federale colpirono solo i deboli (Milan bancarotta di Colombo, Lazio squattrinata di Lenzini) risparmiando ombre sui poteri forti (ancora oggi, quella Juve di Boniperti è al centro di polemiche per la chiacchierata trasferta di Bologna e la mancata testimonianza di Cruciani). Così come la pista degli intrecci malavitosi tra bookmaker clandestini ed esponenti della Banda della Magliana non è mai stata seguita con le dovute attenzioni investigative. Perché?

La sensazione – scrive Antonio Felici nel libro Le pagine nere del calcio’ (Edizioni Iacobelli) – è che ci si volesse limitare a dare solo una lezione al mondo del calcio, senza indagare troppo sulle responsabilità dei reali gestori dell’attività illecita. Cruciani e Trinca, al pari dei calciatori, erano scommettitori. Disonesti, ma solo scommettitori. Non erano certo loro a gestire un’attività criminale parallela a quella dello Stato, come quella del Totonero. Si tratta di ipotesi sulle quali oggi si può ragionare per pura curiosità storica. Purtroppo la decisione di chiudere rapidamente la vicenda processuale, evitando il ricorso in appello, compromise per sempre la possibilità di fare chiarezza su tutti questi aspetti”. Come se 32 anni fa fosse prevalsa la logica di non scavare in profondità, di toccare solo la punta dell’iceberg di un fenomeno ben più vasto che inquinava il mondo del calcio.

Non è quello di una semplice disonestà a livello locale da parte di giocatori e di allenatori – è scritto oggi negli atti di Cremona – bensì quello dell’operatività di una rete a livello internazionale, facilitata dalla “globalizzazione” delle scommesse tramite internet, ed in grado di agganciare i giocatori infedeli disposti a truccare le partite e rendere concreto il loro desiderio di facili guadagni”. Il concetto, non è poi tanto diverso.

Step by step, restiamo alla finestra. Vigili, ma pur sempre alla finestra…

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