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Gay, giudice mette la parola fine: sposati all’estero e riconosciuti come famiglia

Accettato il ricorso dal tribunale di Reggio Emilia presentato dal membro uruguaiano della coppia che ora ha definitivamente ottenuto il permesso di soggiorno. Nella richiesta, pur non chiedendo la trascrizione delle nozze, materia che con il diritto di famiglia viene lasciata alla competenza di ogni stato membro UE, si chiedeva l'applicazione delle norme della libera circolazione dei cittadini europei e dei loro familiari
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C’è voluta una sentenza storica del tribunale civile di Reggio Emilia per ottenerlo, ma da oggi Rafael, l’uruguayano che si era sposato in Spagna con un cittadino italiano, può vivere serenamente con il permesso di soggiorno in tasca. La questura gliel’ha rilasciato questa mattina, scrivendo l’epilogo di una battaglia legale che la coppia ha portato avanti per mesi . “Un altro grande passo di civiltà per il superamento delle diseguaglianze e delle discriminazioni”,  ha commentato l’associazione Radicale Certi diritti. Un diritto che qualche giorno fa è stato ribadito anche dalla Corte Costituzionale con un pronunciamento destinato a fare storia.

La vicenda inizia circa due anni fa, quando Rafael e Flavio, imprenditore uruguayano il primo e giovane disoccupato il secondo, decidono volare fino a Palma di Maiorca per sposarsi. Al ritorno in Italia, il sudamericano si presenta in questura per ottenere il permesso di soggiorno, in virtù della norma sui ricongiungimenti familiari, ossia quel principio che consente a chi è italiano, o vive in Italia con permesso di soggiorno, di accogliere i propri familiari per riunire il nucleo affettivo. Il questore Domenico Savi però respinge la richiesta: il matrimonio non è riconosciuto dalla legge italiana, dunque niente documento.

La coppia però non si arrende e decide di fare ricorso, per riuscire a costruirsi una vita insieme in Italia. “La decisione della questura – sostiene l’associazione – viola il Trattato di Nizza sulla libera circolazione, e il Trattato di Lisbona sulla lotta alle discriminazioni”. Assistiti dall’associazione Certi diritti e dall’avvocato Giulia Perin, i due dunque si presentano davanti al giudice della Prima sezione civile al tribunale reggiano, Domenica Tanasi. Nel ricorso, pur non richiedendo la trascrizione delle nozze, materia che con il diritto di famiglia viene lasciata alla competenza esclusiva di ogni Stato membro dell’Unione, si chiede l’applicazione delle norme che regolamentano la libera circolazione dei cittadini europei e dei loro familiari.

Alla fine, a metà febbraio, il tribunale dice sì, con una sentenza che fa storia e che apre la strada al riconoscimento dei diritti delle famiglie omosessuali. Secondo il giudice, una sentenza di rigetto avrebbe comportato una discriminazione basata sull’orientamento sessuale, la cui illegittimità è stata più volte ribadita dalle normative europee e in particolare, recentemente, da una risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite il 17 giugno 2011.

“Il rilascio del documento a Rafael da parte della Questura di Reggio Emilia – ha commentato l’associazione – è il primo documento nella storia italiana che dà efficacia al riconoscimento dello status familiare delle coppie omosessuali, un altro grande passo di civiltà per il superamento delle diseguaglianze e delle discriminazioni”.

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