Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini

Gianni Letta, Augusto Minzolini e Gianni Alemanno sono indagati dalla procura di Roma per le telefonate intercettate dalla Guardia di Finanza di Bari nel dicembre 2009 durante l’inchiesta (poi archiviata per entrambi) su Berlusconi e l’allora direttore del Tg1. L’ultima onda del “Trani gate” arriva nella Capitale due anni dopo l’inchiesta sulle pressioni dell’ex premier sull’Agcom (l’autorità Garante delle Comunicazioni) per chiudere Annozero.

L’inchiesta si profila molto delicata per la Procura capitolina perché svela i retroscena dei rapporti tra la politica e l’informazione pubblica. Sono due gli episodi al centro dell’indagine. Al sindaco di Roma, Gianni Alemanno e all’ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini, sono contestate le pressioni effettuate allo scopo di far sparire dagli schermi della tv di Stato le prostitute e gli eccessi che il sindaco di Roma non era riuscito a smuovere dalle strade. Il secondo episodio vede protagonista l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta che raccomanda un giornalista al direttore del Tg1. Augusto Minzolini e Gianni Alemanno sono stati iscritti molti mesi fa sul registro degli indagati di Trani per concussione mentre a Letta è stato contestato solo l’abuso di ufficio . Dopo le iscrizioni effettuate dal pm Michele Ruggiero il fascicolo è stato trasmesso a Roma dove è stato preso in carico dal procuratore aggiunto Alberto Caperna e dal sostituto Roberto Felici. L’inchiesta però potrebbe finire con un’archiviazione: secondo quanto si è appreso, infatti, gli inquirenti di piazzale Clodio sembrerebbero propendere per una censura sotto il profilo etico e non a livello penale.


video di Manolo Lanaro

Le telefonate, registrate dalla Guardia di Finanza quando il pm Ruggiero indagava sulle carte di credito revolving di American Express, risalgono al 2009 e non furono ritenute rilevanti dai pm fin quando, lo scorso anno, il gip di Trani, Roberto Oliveri Del Castillo, ha chiesto alla procura di rivalutare il loro peso.

Nella prima serie di telefonate, il sindaco Alemanno viene a conoscenza di un servizio giornalistico che descriveva con toni realistici e a lui sgraditi gli eccessi delle notti romane. Il sindaco alza il telefono per contattare Augusto Minzolini, all’epoca “direttorissimo” del telegiornale della rete ammiraglia Rai. Alemanno è stato eletto un anno e mezzo prima inneggiando alla “tolleranza zero” ed è molto preoccupato dell’immagine negativa che potrebbe ricadere sulla sua gestione dell’ordine pubblico. Minzolini accoglie le lamentele del sindaco e, poco dopo, chiama la giornalista responsabile. “Il servizio non deve andare in onda” dice – in sintesi – il direttore alla sua cronista o almeno non con quei contenuti. A colpire gli investigatori, oltre al contenuto della telefonata, sono i toni che Minzolini usa con la giornalista. La telefonata è lunga e concitata. La giornalista difende il servizio ma, nonostante non sia certo l’ultima arrivata, alla fine asseconda le ire di Minzolini e sostanzialmente prende atto della decisione del direttore. I pm hanno deciso di indagare, oltre al sindaco di Roma anche il direttore del Tg1 perché il suo comportamento prono ai voleri del politico anteporrebbe la tutela dell’immagine di Alemanno, secondo la ricostruzione della procura di Trani, all’interesse del pubblico che paga il canone a Rai a essere informato.

Anche il secondo filone d’indagine nasce dall’ascolto di una telefonata. Siamo sempre nel 2009 e questa volta, ad alzare il telefono, è l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta che chiama Minzolini per segnalargli un giornalista a lui vicino. Già in passato erano state registrate telefonate simili del braccio destro di Berlusconi al direttore di Rai Fiction Agostino Saccà. Ma in quel caso i pm romani non avevano ravvisato gli estremi dell’abuso di ufficio che invece, secondo la Procura di Trani, in questo caso, potrebbe profilarsi.

L’iscrizione di Alemanno, Letta e Minzolini nel registro degli indagati di Roma risale al mese scorso. Tutto nasce dal provvedimento del gip di Trani Oliveri Del Castillo dello scorso luglio. Nel luglio 2011 i pm di Trani avevano sottoposto alla sua attenzione centinaia di telefonate che riguardavano Minzolini e il suo rapporto con la politica, sia del centrodestra sia del centrosinistra. Per la procura erano irrilevanti e andavano distrutte. Ma il gip ha chiesto di risparmiare le conversazioni del direttore con Alemanno e Letta perché ha ravvisato un possibile reato in quelle conversazioni. Il pm Ruggiero, condividendo l’impostazione del gip, ha iscritto i tre nel registro degli indagati, ma nessun atto d’indagine è stato svolto dalla Procura di Trani, guidata dal procuratore Carlo Maria Capristo. Dopo la semplice iscrizione c’è stata solo la trasmissione alla Procura di Roma che adesso, a sua volta, ha iscritto Alemanno, Minzolini e Letta nel registro degli indagati.

La vera indagine inizierà nei prossimi giorni, per valutare se davvero esistano dei reati o se, invece, il comportamento di Minzolini risponda alle normali prerogative di un direttore. Lui ai nostri microfoni dichiara laconico: “Ma Alemanno chiama tutti”. Resta il fatto che l’inchiesta condotta da Ruggiero, in questi ultimi due anni, ha svelato molti retroscena sul rapporto tra Rai e politica. Era il marzo 2010 quando iscrisse nel registro degli indagati Silvio Berlusconi e l’ex commissario dell’Agcom Giancarlo Innocenzi. Una storia ormai nota: Berlusconi premeva su Innocenzi per chiudere, o quantomeno ostacolare, le inchieste di Annozero e della redazione guidata da Michele Santoro.

I reati ipotizzati per il premier, all’epoca, furono concussione e minaccia, mentre Innocenzi fu indagato per favoreggiamento, poiché negò d’aver subito pressioni. Poi fu indagato anche l’ex dg della Rai Mauro Masi e dopo una serie di rimpalli – dalla procura di Roma al Tribunale dei ministri e ritorno – tutto si risolse con un’archiviazione.

Intanto oggi Augusto Minzolini era presente al Tribunale di Roma all’udienza nel processo che lo vede imputato con l’accusa di peculato per le spese fatte con la carta di credito aziendale. Processo nel quale la Rai ha deciso di costituirsi parte civile. Un’udienza breve, meno di mezz’ora, nella sesta sezione penale. “Mi ritrovo qui per la carta di credito – ha detto il giornalista ai microfoni de ilfattoquotidiano.it – nonostante abbia chiarito ampiamente”.

di Marco Lillo e Antonio Massari
aggiornato da Redazione web l’8 marzo 2012 (ore 19.00)

da Il Fatto Quotidiano del 7 marzo 2012

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