Lucio Dalla lo ricorderanno anche i ragazzini che oggi sono alla scuola elementare. E questo è  il “miracolo” di Lucio. Ne sono certo. Queste mie parole, a qualcuno potranno apparire retoriche ma a smentire i perplessi credo possano bastare gli scritti che tanti bambini hanno lasciato davanti alla porta di casa Dalla in via Massimo D’Azeglio a Bologna. Domenica notte, quando ormai la piazza Grande cantata da Lucio, era rimasta sola, in compagnia della luna, sono passato davanti al portone dell’appartamento di Dalla: ho letto ad uno ad uno i messaggi appoggiati ai fiori, agli scalini d’ingresso. C’erano lettere di bambini che avevano imparato le sue canzoni.

E’ quello che faccio anch’io nelle mie classi insegnando ad apprezzare la storia della musica italiana con Fabrizio De André, Giorgio Gaber, Vasco Rossi, Vinicio Capossela e Lucio Dalla. Chi l’ha detto che educazione musicale è insegnare a suonare il piffero?

Nelle mie classi si studia Lucio. Con Dalla e “Siciliano” racconto la storia dell’isola. Ascoltare “Zingaro” è insegnare la libertà. E perché non parlare della città felsinea con “Dark Bologna”. La scuola deve rendere omaggio a chi come Dalla ha lasciato una traccia nella storia della musica italiana.

E nessuno pensi che questo maestro sia un esaltato che non fa imparare il ritmo e le note. Amo solo insegnare facendo divertire i bambini, passando il testimone. L’altro giorno i ragazzini della mia classe quando sono entrato in aula mi han detto: “Maestro, è morto Lucio”. E in quel momento ho capito che la storia, anche quella della musica, non può perdersi. Ma dev’essere tramandata. Da generazione in generazione. Da maestro ad alunno. Anche questo è educare.

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