Arrivano dai Paesi in via di sviluppo, ma anche dall’Europa orientale, dalla Spagna e dall’Italia. Ma, soprattutto, vengono nel Regno Unito dai territori riuniti sotto la bandiera del Commonwealth. In Gran Bretagna, nell’ultimo anno, al netto di quelli che sono partiti, sono arrivati 250mila immigrati in più. E ora i conservatori e i liberaldemocratici al governo sono in fibrillazione. Fra i punti programmatici di David Cameron – fu una promessa appena eletto – quello di abbassare il numero dei “nuovi venuti” «da centinaia di migliaia a decine di migliaia». Così non è stato, in quella che è la patria europea del multiculturalismo già dagli anni Cinquanta. E ora i conservatori britannici storcono il naso e accusano il primo ministro di non aver rispettato le sue promesse, in un Paese che ha visto la disoccupazione arrivare a livello record, dove due milioni e 700mila cittadini sono senza un lavoro e dove, contando anche tutti coloro che non riescono a vivere del proprio stipendio – i cosiddetti “sottooccupati” – il numero raddoppia.

Africa e subcontinente indiano sono le aree di provenienza dei due terzi dei nuovi immigrati. Che spesso – per un terzo – arrivano nel Regno Unito per motivi di studio e poi qui rimangono. Una prova diretta dell’enorme flusso di arrivi è anche l’aumento dei numeri di previdenza sociale erogati. La richiesta del National Insurance Number – e cioè una sorta di codice fiscale necessario per lavorare – è aumentata dell’11 per cento in un anno. E giornali come il tabloid ultraconservatore Daily Mail accusano sia il Labour che il governo di coalizione di non aver fatto abbastanza. Intanto, gli stessi giornali sollevano il problema della sicurezza. Il Regno Unito ha uno dei sistemi più stringenti di controllo contro il terrorismo. Eppure falle ce ne sono, se è vero che, come ha rivelato il ministro dell’Interno Theresa May, dal 2004 al 2007, ben 500mila persone sono entrate nel Paese senza alcun controllo, soprattutto attraverso l’Eurostar che unisce Regno Unito e Francia. Ma anche sui traghetti tra Calais e Dover e, talvolta, persino alle frontiere aeroportuali, dove carenza di personale e dimenticanze hanno consentito a tantissime persone di entrare nel regno senza dover subire il “check” obbligatorio.

Poi, ci sono i richiedenti asilo politico. Le domande, sempre negli scorsi dodici mesi, sono aumentate di oltre il dieci per cento. Da Libia e Iran, soprattutto. Intanto calano anche le pratiche forzate di espatrio. Dal governo Cameron arrivano commenti imbarazzati. Damian Green, ministro dell’Immigrazione, intervistato dal Daily Telegraph ha detto: «Le nostre riforme stanno iniziando ad avere effetto. Certo, l’immigrazione rimane ancora troppo alta, ma non è solo colpa nostra». Ma se a destra non sanno che cosa dire, anche a sinistra, spesso, balbettano. Con un linguaggio oscuro e poco diretto, Chris Bryant, ministro ombra dell’immigrazione, in quota Labour, ha commentato: «Da questo governo abbiamo bisogno di onestà e competenza per quanto riguarda l’immigrazione, invece abbiamo in cambio solo retorica che non corrisponde alla realtà dei fatti. Questo Paese merita qualcosa di meglio». Ed è lo stesso Daily Telegraph a suggerire che i confini fra destra e sinistra, nel Regno Unito, sono molto labili quando si parla di immigrazione.

David Cameron, intanto, lancia segnali contraddittori. Non molti giorni fa, il primo ministro ha mandato una lettera a José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, lettera scritta insieme ad altri undici leader conservatori comunitari. «All’interno dell’Unione serve più mobilità sociale e più mobilità del lavoro. I Paesi membri devono aiutare le persone a muoversi verso quelle aree dove ci sono migliori opportunità di lavoro. Il mercato dell’occupazione deve essere più integrato e libero». Insomma, se da un lato Cameron si lamenta per le centinaia di migliaia di lavoratori stranieri che negli ultimi anni sono arrivati sotto il Big Ben, dall’altro auspica proprio maggiori flussi migratori fra un Paese e l’altro, a seconda delle necessità. A Londra quella degli idraulici polacchi che ruberebbero il posto agli idraulici inglesi è diventata una vera e propria ossessione, specie per alcuni tabloid e per la gente della strada. Ora, forse, ci si inizia a rendere conto che, senza un’immigrazione qualificata, neanche il Regno Unito è autosufficiente.

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