Le contestazioni a Celentano? “Assolutamente pilotate” secondo il presentatore della 62esima edizione del Festival di Sanremo, Gianni Morandi, che nella conferenza stampa conclusiva commenta così i fischi che si solo levati dalla platea del teatro Ariston durante l’esibizione del Molleggiato. “C’era uno schema preciso, quattro persone posizionate in punti diversi che, quando c’era una pausa, partivano”. A sua memoria, “non è mai accaduto in tanti anni di Festival qualcosa di simile. Certo, c’è chi contesta se la vittoria va a uno o all’altro, ma fischi e contestazioni così no”. Insomma “che la cosa sia stata organizzata – chiosa – per me è sicura”. Morandi come Claudia Mori, insomma. A caldo, subito dopo l’esibizione, la moglie di Adriano Celentano si era scagliata contro il consigliere Rai Antonio Verro: “Bella buffonata avete organizzato”.

Si chiude così, con l’ennesima polemica, la 62° edizione del festival di Sanremo. Con la Rai intenta da una parte a smontare le polemiche – “Ci ricorderemo il Celentano che canta” ha detto il direttore di Rai Uno, Mazza – dall’altra investita dalle critiche, se persino il “commissario” Marano si è sentito di confermare “l’autenticità” dei fischi al molleggiato.

Una edizione disastro, nonostante i buoni risultati di ascolto della prima e dell’ultima serata (14,5 milioni di spettatori, picchi di 16 milioni nell’esibizione di Celentano). Con i vertici di viale Mazzini che adesso devono fare i conti con i cocci: le dimissioni del direttore artistico Mazzi (“Ha fatto bene”, ha infierito Verro), l’invio di un commissario, la competizione canora rimasta sullo sfondo e da molti giudicata pessima. E tutto questo non per colpa di Celentano, ma solo e soltanto della Rai.

Di suo, Celentano ci ha messo la miccia: “La corporazione dei media si è coalizzata in massa contro di me” ha detto ieri sera. “Persino Travaglio – ha commentato – non ha resistito e ad un certo punto anche lui ha voluto affondare il coltello nella piaga. Non la mia piaga, la vostra. Vi distolgono dal capire. Dal contesto del mio discorso estrapolano la frase cambiando anche i verbi”.

Il molleggiato è entrato in scena, ha cominciato a parlare. Poi una, due pause. Infine il discorso ripreso da dove lo aveva lasciato la prima sera. Da Famiglia Cristiana e Avvenire, “che parlano del mondo, della politica” e non “dell’unica strada non interrotta”, quella del Signore. “Quando dico che andrebbero chiuse non è una forma di censura”, ha detto. Ed è lì che sono partiti i primi fischi: “Basta”. Celentano si è fermato, poi è ripartito tra i boati. “Io non ho il potere di chiudere un giornale – ha detto – siamo in democrazia e ho espresso un desiderio. Per me potete anche stare aperti, ma almeno cambiate la testata. Parlare di Dio non significa soltanto scrivere ma significa mettere insieme una equipe per parlare della vita dei profeti e degli apostoli. Per poi parlare della vita di oggi”. La vita di Gesù  – ha chiosato – deve essere “supportata da una presenza quotidiana per farlo rivivere”.

Insomma, nonostante l’appello del direttore generale della Rai, Lorenza Lei, che per la serata conclusiva aveva invitato alla moderazione e al buon senso, l’intervento del molleggiato è stato molto più breve, ma le polemiche sono divampate ugualmente. Celentano non si è scusato, come avevano chiesto a gran voce la stampa cattolica e le gerarchie ecclesiastiche, ma ha provato a spiegare evitando di aggredire. E’ stato più morbido nei toni e nell’invettiva. Certo, l’intervento del “re degli ignoranti” ha sollevato ancora l’ira delle gerarchie cattoliche. Non ne fa mistero l’ex direttore di Avvenire, Dino Boffo, che rispetto alle parole di Celentano, ha parlato di “falso in atto pubblico”. Mentre la prima vera replica è arrivata dall’attuale direttore del quotidiano della Cei, Marco Tarquinio, con un corsivo sul sito del giornale: “Cancellare uno schiaffo in faccia alla verità è difficile – scrive Tarquinio –  ed è difficile chiedere scusa a se stesso prima che a chiunque altro (nessuno di noi lo aveva preteso) allungando incredibilmente la lista dei presi di mira. Ma probabilmente – continua – è ancora più difficile pensare di poter sostituire un indicativo condito di imperiosa malizia (Avvenire e Famiglia Cristiana devono chiudere definitivamente) con un condizionale ingeneroso e furbetto (andrebbero chiusi se). Non si prendono in giro milioni di persone, non si può pensare di riuscirci, neanche se si canta bene, si ottiene ‘carta bianca’ dalla Rai. Peccato. Davvero peccato”. “PS Insomma, caro Celentano – conclude il direttore – , la delusione resta e s’aggrava. E come s’è capito ieri sera in diretta tv non è solo nostra”.

Si è lamentato anche il presidente della Rai, Paolo Garimberti, che pure non aveva battuto ciglio quando l’azienda aveva firmato col cantante un contratto che gli dava la libertà più assoluta: “È di cattivo gusto il fatto che Celentano sia tornato ad attaccare i giornali cattolici, totalmente fuori contesto le teleprediche e il modo in cui sono stati toccati argomenti alti che andrebbero toccati in diverso contesto e con ben altro livello intellettuale”. E pure il direttore generale della Rai Lorenza Lei ha detto la sua manifestando la propria “solidarietà” al consigliere Verro.

Così in attesa di quello che verrà detto e scritto nei prossimi giorni, Franco Siddi, segretario della Fnsi, il sindacato dei giornalisti, ha chiosato: “Per fortuna Sanremo è finito”.

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