E’ un compromesso faticoso quello raggiunto negli Stati Uniti sulla contraccezione. Dopo settimane di accuse e polemiche, l’amministrazione Obama ha modificato la direttiva che imponeva a tutti i datori di lavoro di includere strumenti per il controllo delle nascite nei piani di assistenza sanitaria per i dipendenti. Nel caso di istituzioni religiose – scuole, università, ospedali, gruppi no-profit – che sollevino obiezioni morali, saranno le compagnie di assicurazione, e non più i datori di lavoro, a “offrire gratuitamente alle donne l’assistenza per i contraccettivi”.

“Quasi il 99 per cento delle donne – ha detto Obama in un discorso dalla “briefing room” della Casa Bianca – ha fatto ricorso alla contraccezione in un determinato momento della propria vita”. Il principio della libertà di scelta della donna potrebbe però scontrarsi con la “libertà religiosa”, ha aggiunto Obama. Di qui la decisione di rispettare il diritto all’obiezione di coscienza delle istituzioni religiose. Anche perché, ha concluso Obama con un riferimento esplicito ai repubblicani, “alcuni hanno mostrato il cinico desiderio di trasformare il confronto in una partita di football”.

Si conclude così con un pareggio la scatenata “partita di football” che per settimane ha travolto la politica americana. Le istituzioni religiose non saranno più costrette a offrire ai propri dipendenti metodi contraccettivi che vengono giudicati “un grave peccato”. Le donne non perderanno il diritto alla contraccezione gratis, che verrà offerto loro direttamente dalle assicurazioni. Sulla questione si sono affrontate due squadre ben definite: da un lato l’amministrazione Obama, in primo luogo il segretario alla sanità Kathleen Sebelius, buona parte del partito democratico, i gruppi femministi e quelli come Planned Parenthood che si occupano di salute delle donne e controllo delle nascite; dall’altro la Chiesa cattolica, rappresentata dall’arcivescovo di New York City Timothy Dolan, i gruppi religiosi, il partito repubblicano mobilitato ai massimi livelli. La polemica, la scorsa settimana, era arrivata anche a Roma, dove Benedetto XVI, in udienza con i vescovi, aveva criticato “i tentativi di limitare la libertà religiosa e l’obiezione di coscienza”.

Alla fine Obama ha appunto messo la parola fine a una polemica che, per lui, rischiava di trasformarsi in un gigantesco boomerang politico. La mobilitazione di parte dei cattolici americani, e dell’intera gerarchia ecclesiastica, avrebbe infatti avuto conseguenze imprevedibili alle presidenziali del prossimo novembre. Nel 2008 Obama aveva conquistato buona parte del voto cattolico. I sondaggi, quest’anno, non sono così confortanti. Obama conserva ancora un lieve vantaggio nelle preferenze elettorali dei cattolici USA, ma una parte consistente di quel voto si è spostato verso i repubblicani. La cosa appare particolarmente preoccupante in Stati come il Michigan, l’Ohio e la Pennsylvania, dove l’appoggio della classe operaia bianca e cattolica è fondamentale per la rielezione del presidente. E la cosa appare preoccupante anche in altri Stati contesi – il New Mexico, il Nevada, il Colorado – dove la forte comunità ispanica è già molto arrabbiata con Obama per il numero record di deportazioni di illegali negli ultimi quattro anni.

Aprire uno scontro anche sulla contraccezione avrebbe comportato un rischio troppo alto. Se ne sono accorti i repubblicani, che infatti per settimane hanno bombardato Obama con accuse di “insensibilità morale” e “oppressione della libertà religiosa”. John Boehner, lo speaker della Camera, ha parlato di “un evidente attacco alla libertà religiosa”. New Gingrich, candidato alla presidenza, cattolico, se l’è presa con “l’attacco dell’amministrazione Obama alla Chiesa cattolica”. Per Rick Santorum, altro candidato alla presidenza, Obama vorrebbe incrementare “il controllo del governo nelle vite degli americani”. E secondo Mike Huckabee, ex-governatore dell’Arkansas, pastore battista, “a questo punto possiamo dirci tutti cattolici”

L’assalto repubblicano è stato accompagnato da una mobilitazione massiccia delle gerarchie cattoliche. Per settimane, fuori delle chiese, per le strade, gruppi di militanti hanno volantinato ed espresso la loro rabbia. Il moto di protesta è stato diretto e alimentato dall’arcivescovo di New York Timothy Dolan (un conservatore, particolarmente interventista su questioni come aborto, matrimoni gay, contraccezione, ma che negli anni della presidenza Bush si è spesso astenuto dalla condanna pubblica della guerra in Iraq e della pena di morte), ma ha coinvolto gruppi cattolici tradizionalmente vicini ai democratici e a Obama. Per esempio “Network”, associazione che si batte per la giustizia sociale attraverso un’azione di lobbying al Congresso.

Il montare della polemica ha rischiato tra l’altro di oscurare il bottino politico con cui Obama ha in questi mesi corteggiato il voto cattolico: l’estensione della copertura sanitaria a 31 milioni di americani; la fine della guerra in Iraq; il tentativo di abbassare le tasse per i più poveri e aumentare quelle per i più ricchi. Parlando, la settimana scorsa, ai leader religiosi USA durante il National Prayer Breakfast, il presidente ha rivendicato l’influenza della Bibbia nella sua politica fiscale: “Per me, come cristiano – ha detto – l’aumento delle tasse per i ricchi coincide con l’insegnamento di Gesù”.

Ecco dunque il compromesso, che consente alle istituzioni religiose di non pagare per la contraccezione delle loro dipendenti (anche se, secondo un sondaggio del Pew Center, il 98 per cento delle donne cattoliche americane ha fatto uso di metodi contraccettivi). La mossa sembra, almeno per il momento, aver raggiunto lo scopo di Obama. Se Planned Parenthood e i gruppi femminili plaudono alla scelta di garantire comunque l’assistenza in tema di controllo delle nascite, la Catholic Health Association si dice “molto soddisfatta… per aver trovato un’intesa su una questione così importante per la nostra grande democrazia”.

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