Parma non è Milano, Parma non è Napoli. Lo dicono le primarie del centrosinistra che alla fine consacrano Vincenzo Bernazzoli candidato sindaco. Il vento nuovo non spira nel Ducato, non abbastanza. Con il 48,4% l’attuale presidente della Provincia batte lo sfidante Nicola Dall’Olio, speranza del fronte movimentista e ambientalista, che ottiene però un ottimo 36,2%. Fermi sotto il 10% gli altri tre concorrenti Simone Rossi (indipendente), Giuseppe La Pietra (Sel), Gianpaolo Cantoni (Socialisti). Così doveva essere, così è stato.

L’uomo dell’establishment ha compiuto la missione, anche se non raggiunge il 50%. Combinato alla scarsa affluenza al voto, fermatasi a quota 8330 votanti, il risultato dà fiato agli scontenti all’interno del Pd: “E’ un segnale chiaro e preoccupante – commentano a caldo esponenti vicini a Dall’Olio – i nostri elettori non hanno gradito la modalità di scelta, dall’alto, del candidato Bernazzoli. Ma ci rendiamo conto? Vincenzo non ha raggiunto neppure il 50%, e questo è un chiarissimo segno di debolezza del partito che lo ha voluto imporre. Ricordiamoci infatti che Dall’Olio era un perfetto sconosciuto, un nome nuovo in gara con un politico navigato e famoso”.

Lui, il vincitore, con la solita flemma cerca Dall’Olio e gli stringe la mano. Poi in conferenza stampa dice pochissime parole: “Le primarie ci sono state, ora puntiamo uniti alle comunali di maggio”. Quindi via al brindisi e alle foto, mentre alcuni osservatori già ghignano: “Stasera il vero vincitore è un altro e si chiama Elvio”. Il riferimento è a Elvio Ubaldi ex sindaco, ex patron della politica locale, ex inventore del civismo di centrodestra, ex creatore di Pietro Vignali, ex presidente del Consiglio comunale e secondo le voci futuro (ri)candidato alla poltrona di primo cittadino. “Dopo che il Pd ha dimostrato di essere quasi spaccato al suo interno, è quasi naturale che il vecchio Elvio pensi a tornare in pista”.

Non esattamente una rivoluzione, insomma. Con tanti saluti agli indignados, alle manifestazioni di piazza della scorsa estate, al moto di coscienza popolare e alla voglia di cambiamento seguiti allo scandalo corruzione di giugno e settembre con gli arresti di 15 persone per tangenti. “Incredibile – scuote la testa più d’uno – con lo sfacelo lasciato dal centrodestra, il centrosinistra sarebbe capace di dar prova ancora, di nuovo, del suo proverbiale tafazismo, della sua tradizionale capacità di dividersi, di litigare, di farsi male da solo”.

Un nome poi aleggia in via Treves, sede del Pd dove dalle 21 inizia lo spoglio delle schede: Giorgio Pagliari, il candidato morale di queste primarie, il capogruppo Pd in Consiglio comunale che per anni ha condotto battaglie cruciali contro i debiti, il monstrum delle società partecipate create da Ubaldi e sfuggite di mano al “bel ragass” Vignali. Ma il Pd non l’ha voluto. Niente Pagliari, avvocato e docente universitario di provincia sconosciuto a Roma ed estraneo ai giochi di Palazzo. Qui ci vuole l’uomo esperto, poche ciance ragazzi.

La morale del pragmatismo, dei tempi grami che richiedono un uomo esperto (non un sognatore, né un rompiscatole) ha finito così per prevalere: a danno anche di Dall’Olio, bravo candidato ma uomo di rincalzo, scelto all’ultimo e in risposta – quasi in ripicca – ai vertici decisionisti del partito. “Ma la gente ha capito” assicurano dalla stanzetta di Dall’Olio, in un angolo a destra nella sede del Pd. “Ha capito”. Quei soli 8mila votanti lo dimostrano, in una domenica senza pioggia, senza neve, senza altri eventi speciali, senz’altro da fare per il popolo di sinistra che spendere un minuto per segnare una crocetta su un foglio verdognolo. Eppure niente. “Ci aspettiamo 11 mila elettori” aveva dichiarato il Pd una settimana fa.

Per tutta la sera comunque si suda, si spera, si soffre in via Treves. Passeggiano nervosi Dall’Olio e agli altri candidati “minori”: Simone Rossi, che otterrà un lusinghiero (per lui) 8,75%, Giuseppe La Pietra che si fermerà a 4,32% (“ah…se fosse venuto con noi…” sospirano quelli di Dall’Olio). Manca Gianpaolo Cantoni, l’unico assente. Bernazzoli, dalla sua posizione di forza, arriverà solo all’ultimo e si chiuderà in uno stanzino da dove uscirà soltanto a risultati acquisiti per stringere la mano a Dall’Olio.

C’è ressa, fa caldo. La piccola sede del Pd si va riempiendo. L’attesa cresce, ecco gli exit poll: “Bernazzoli è al 43%, Dall’Olio al 41%”. Clamoroso, sarebbe già un trionfo per lo sfidante. Ma attenzione: gli exit poll sono un esperimento, li hanno fatti gli studenti universitari di Scienze politiche chiedendo ai votanti un parere all’uscita dai seggi. I minuti infatti passano e la forbice tra il presidente della Provincia e Dall’Olio cresce. Il sorriso un po’ si smorza sui volti “dell’altro” Pd, in questa curiosa – serissima e tesissima – sfida tra mura domestiche, con i rivali anche plasticamente collocati in angoli opposti dell’edificio e sempre distanti. Pacche sulle spalle, sorsi d’acqua.

Sono le 21.42, poi, quando Faliero Zambeli del Pd – responsabile del comitato elettorale – si fa largo sventolando un foglio. Tutti lo seguono, tutti si siedono nella sala stampa: “Dunque – è l’esordio – considerando che ho qui con me dei dati ufficiosi, visto che poche schede (12, ndr) sono state contestate, possiamo comunicare l’esito delle elezioni primarie del centrosinistra: Vincenzo Bernazzoli ottiene il 48,48% con 4015 voti, Nicola Dall’Olio il 36,24% con 3004, Simone Rossi con 725 voti raggiunge l’8,75%, Giuseppe La Pietra ottiene il 4,32 percento con 358 voti, Gianpaolo Cantoni il 2,26 con 187 voti”. Il centrosinistra ha il suo candidato sindaco, indietro non si torna e i giochi sono fatti.

Il primo a parlare è La Pietra: “Considerato che si tratta della mia prima esperienza politica – afferma – posso ritenermi soddisfatto del risultato ottenuto, certo però mi sarei aspettato qualcosa di più per quanto riguarda le dinamiche tra i due candidati del Pd. In ogni caso ne approfitto per ribadire la bontà del mio programma, incentrato sui temi dell’etica e della legalità necessari per una ripartenza del centrosinistra e per segnare un cambio di rotta dopo l’esperienza del centrodestra”.

Più sbrigativo Rossi l’outsider: “Mi dicono che va bene così, dunque per me va bene così. Di sicuro l’affluenza è stata bassa”. Poi tocca a Dall’Olio, che resta abbottonatissimo e, soltanto, elogia lo strumento delle primarie: “Quello che mi preme dire – commenta emozionato – è che le consultazioni interne sono state una sfida vera. E’ un insegnamento, dobbiamo imparare anche in futuro a utilizzarle maggiormente, come vero strumento di democrazia e di partecipazione”.

E dalla partecipazione parte Bernazzoli, ultimo nel giro di commenti: “E’ proprio questo che adesso il Pd deve fare – dice – ricostruire il rapporto di fiducia e favorire la partecipazione della gente. Ora l’obiettivo è il 6 maggio, giorno delle elezioni comunali, le primarie ci sono state, il nostro partito ne è uscito rafforzato, adesso dobbiamo fare sintesi, mettere insieme le diverse sensibilità emerse da queste consultazioni e andare uniti avanti”. Anche gli 8mila votanti secondo il vincitore sono un buon esito: “Ricordiamoci che non tutti i partiti sono in grado di fare le primarie e che, di recente, in altre realtà comunali si sono registrate anche affluenze più basse”. Infine si stappa uno spumante, mentre i mugugni si raccolgono all’uscita dalla sede, dove il solito Pd vince le primarie ma rischia di perdersi.

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