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La laurea degli “sfigati”

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Ho provato molta rabbia nel leggere le ingiuste parole del vice-ministro Martone, che ha definito “sfigati” coloro che si laureano dopo i 28 anni. Ho frequentato anche io l’università ed ho visto persone validissime bloccate anche 3 o 4 anni per superare un esame (finendo con il laurearsi fuori corso) a causa di docenti che erano, per usare un eufemismo, “maniacalmente esigenti” con gli studenti. Lo stesso esame, fatto con altri professori, aveva percentuali di promossi di 7-8 volte maggiori.

Sono studenti “sfigati”? Forse si, ma solo per essere capitati in università (quelle italiane) che non sono in grado di assicurare omogeneità nella didattica e nella difficoltà degli esami (non solo tra diversi atenei, ma anche all’interno della stessa università), talvolta affidati ad assistenti non incardinati nei ruoli accademici e quasi mai celebrati con una regolare commissione di tre docenti.

E che dire degli studenti, eccezionali, che finiscono gli studi in due-tre anni e vengono bloccati prima della discussione della laurea “perché il corso di laurea prevede una durata superiore”  ? “Sfigati” anche loro? Certamente si. Ma anche in questo caso per essere incappati in pastoie burocratiche all’italiana, certamente non per loro demerito.

Ed allora, sarebbe bene che il vice ministro figlio d’arte – il cui titolo accademico sembra essere alquanto discusso – si attivasse per risolvere i problemi dell’università italiana, se proprio vuole parlare di una materia, la ricerca e l’istruzione, che peraltro non fa nemmeno parte delle sue deleghe ministeriali.

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