La copertina del Mein Kampf

Ci siamo quasi: il 27 gennaio, il giorno della memoria. Il ricordo della Shoah: per non dimenticare. Ebbene, domani, proprio il giorno che lo precede (strana coincidenza), sarà pubblicata in Germania, per la prima volta dal Dopoguerra, una serie di brani di Mein Kampf, la «bibbia» hitleriana (ai tempi l’edizione del libro aveva lo stesso formato del testo sacro). L’iniziativa, criticatissima, è dell’editore inglese Peter McGee. Ma il dibattito sul progetto, che rompe un tabù in terra teutonica, si estende anche a una scadenza non così lontana. E che riguarda il mondo intero: dal 2016 Mein Kampf sarà libero di diritti. Potrà essere utilizzato liberamente nell’era di Internet. Come procedere? Imporre solo edizioni critiche e ampiamente commentate? Introdurre limiti e autorizzazioni?

Polemiche in Germania: giusto pubblicarlo? Domani alcune decine di pagine dell’opera usciranno su Zeitungszeugen, un settimanale specializzato nella letteratura nazista degli anni 1933-45, riproposta a destinazione di ricercatori e storici. Una rivista di nicchia, ma che questa volta esce con oltre 100mila copie. McGee, l’editore, ha detto di voler mostrare che, «dietro alla bibbia diabolica, che in realtà nessuno ha letto, si nasconde un’opera di infima qualità e confusa». Da parte sua il Land della Baviera, che detiene i diritti d’autore su Mein Kampf e che ne ha sempre impedito la pubblicazione, pure di stralci, in Germania, starebbe per procedere per vie legali contro McGee.

«La mia battaglia»? Un vero best-seller – Non è, comunque, per niente sicuro che, almeno fuori dai confini tedeschi, il libro-manifesto di Hitler sia così sconosciuto. Mentre il Fuhrer era ancora vivo, del suo libro (scritto fra il 1924 e il ’25) si vendettero più di dieci milioni di copie, soprattutto in Germania e a partire dal 1933, dopo l’ascesa al potere di Hitler. Che rinunciò al suo stipendio di cancelliere, potendo vivere agiatamente con i diritti intascati grazie a «La mia battaglia». Ma il successo del libro è continuato a livello mondiale anche dopo: secondo lo storico Ian Kershaw, ne sono stati venduti almeno 70 milioni di esemplari, in sedici lingue, dalla caduta del nazismo. E per Bernard Bruneteau, professore di scienze politiche all’università di Rennes, ci sarebbe un rinnovato interesse da una ventina d’anni. «Nel libro si trattano temi come lo schock fra le civiltà e i conflitti etnici – ha sottolineato al settimanale francese Le Point -: i fantasmi di questo tipo, con il ritorno degli estremismi in Europa e le tensioni nel Medio Oriente, hanno favorito un nuovo interesse nei confronti di Mein Kampf».

Le regole di pubblicazione nel mondo in realtà variano da Paese a Paese. In Francia è autorizzata dal 1979, ma per fini storici e con una premessa esplicativa obbligatoria. In Olanda la vendita è illegale, ma non il possesso. Entrambi, invece, sono proibiti in Austria e in Israele. Il libro è liberamente venduto nel Regno Unito e negli Usa. In Italia, nel Dopoguerra, Mein Kampf è stato a lungo stampato solo dalla Kaos, mentre nel 2009 le Edizioni di Ar (di Franco Freda) lo hanno ripubblicato, commentato da Giorgio Galli. La prima edizione risale al 1934, quando la Bompiani pubblicò il testo su pressioni di Mussolini. Hitler, in un passaggio, portava ad esempio l’anti-bolscevismo del Duce. Che più tardi definì il libro «un mattone leggibile solo dalle persone più colte e intelligenti».

La scadenza del 2016: cosa fare di Mein Kampf? Al di là delle polemiche a Berlino per l’iniziativa dell’editore Peter McGee, resta un altro problema, la fine del copyright il 31 dicembre 2015, a 70 anni dalla morte dell’autore. Il testo diventerà di domino pubblico. A Parigi l’associazione Initiative de prévention de la haine chiede che si imponga, in Francia e, se possibile, anche altrove, una segnaletica particolare per il libro e l’obbligo che sia utilizzato solo se commentato e inserito nel suo contesto. Pure lo storico Marc Ferro ha sottolineato che «pubblicarlo liberamente, senza denunciarne i crimini che lì vengono istigati e senza riferimenti storici, sarebbe imprudente e molto pericoloso». In Mein Kampf Hitler polemizza, fra le altre cose, con il parlamentarismo e giustifica l’antisemitismo. Per lo studioso Bruneteau, però, «la lettura del testo mostra che Hitler è un uomo del Novecento e che il suo pensiero è estremamente datato. Timori eccessivi riguardo a Mein Kampf significherebbero sottostimare la maturità dei cittadini».

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