E tre. Un altro comune della provincia di Torino è finito sotto la lente d’ingrandimento della prefettura per le possibili infiltrazioni della ‘ndrangheta. Il municipio di Chivasso è stato visitato venerdì scorso dai rappresentanti della commissione d’accesso agli atti con l’intento di controllare i documenti amministrativi e rilevare eventuali influenze della malavita organizzata. Il motivo di questi sospetti? L’operato di Bruno Trunfio, 52 anni, vicesegretario cittadino dell’Udc ed ex assessore a urbanistica e lavori pubblici per Forza Italia, arrestato nel giugno scorso nell’ambito dell’operazione “Minotauro” con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Gli uomini della prefettura di Torino, guidata da Alberto Di Pace, hanno tre mesi di tempo, prorogabili di altri tre, per vagliare gli atti delle amministrazioni di Chivasso e verificare l’eventuale infiltrazione mafiosa, la cessione di appalti ad aziende legate alla malavita, o l’influenza della ‘ndrangheta sulle elezioni comunali di maggio a Chivasso. Proprio grazie all’apparentamento dell’Udc dopo il primo turno la coalizione di centro-sinistra (composta da Pd, Idv, Sel, Moderati e due liste civiche) è riuscita a far vincere il suo candidato, Gianni De Mori, contro il sindaco uscente del Pdl Bruno Matola. Secondo quet’ultimo Trunfio, in passato esponente di Forza Italia e assessore nella giunta di Andrea Fluttero (attualmente senatore del Pdl), avrebbe portato avanti trattative per l’apparentamento dell’Udc al centro-sinistra consentendo la vittoria di De Mori con uno scarto minimo di voti.

Secondo gli inquirenti, Bruno Trunfio appartiene alla “locale” di ‘ndrangheta insediata a Chivasso, riconducibile alle ‘ndrine Serraino di Reggio Calabria e Cardeto, Gioffré e Santaiti di Seminara, ai clan Pesce e Bellocco di Rosarno e al clan Tassone di Cassati di Nardodipace. Insieme a lui farebbero parte della locale anche il fratello Giuseppe, con la dote di “trequartini” per entrambi, e il padre Pasquale, ritenuto il “capo locale”, “affiliato alla ‘ndrangheta quantomeno dall’anno 2007, partecipe della ‘società maggiore’ con la dote di ‘padrino’”, si legge nell’ordinanza di arresto.

Il Partito democratico si dice sereno riguardo agli accertamenti sul comune gestito dai suoi rappresentati. “L’amministrazione attuale non ha sicuramente nulla da nascondere, ma è bene che si faccia chiarezza anche sul pregresso, perché i cittadini possano essere sicuri di avere una classe politica e una struttura comunale onesta e trasparente”, afferma il segretario locale Gianni Pipino, con cui concorda l’Italia dei Valori: “La commissione d’inchiesta faccia chiarezza nel più breve tempo possibile, perché i cittadini devono avere la certezza che a governare Chivasso siano persone di specchiata moralità”, affermano la senatrice Patrizia Bugnano e il capogruppo in consiglio comunale Benito Murace. Per quanto riguarda il contributo fondamentale dell’Udc nell’elezione, il segretario del Pd taglia corto: “Quando è risultato chiaro il coinvolgimento di Trunfio nell’inchiesta, la coalizione ha deciso di non concedere l’assessorato a Striglia (Massimo, segretario cittadino dell’Udc, ndr) per precauzione”.

Intanto proseguono le altre indagini sui comuni di Rivarolo e di Leinì. Proprio il sindaco di quest’ultima cittadina, Ivano Coral, (figlio di Nevio, arrestato nell’operazione “Minotauro”), si è dimesso il 7 dicembre sotto le pressioni di alleati, opposizione e cittadini indignati. Nel mirino dei tre commissari prefettizi sono finiti circa 700 documenti su appalti, concessioni, sub-appalti e bandi di gara. Ad attirare l’attenzione in maniera particolare è la “Provana multiservizi”, una municipalizzata creata da Nevio Coral per gestire i servizi pubblici locali. La mole di dati da vagliare è talmente grande che è stata richiesta una proroga di altri tre mesi prima della conclusione.

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