“Polizia”, dicono gli agenti, mostrando il tesserino in un bar di via Nazionale a Roma, e in quel momento Lina e Santiago capiscono di essere nel posto giusto al momento giusto: la Digos, inviata dai pm Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock, ha il mandato di perquisire le loro stanze d’albergo. Ma il punto è un altro: Lina Vega e Santiago Cumbrera sono due inviati del quotidiano panamense La Prensa, appena arrivati in Italia per raccontare le relazioni pericolose tra Valter Lavitola, il loro presidente Ricardo Martinelli e Finmeccanica. E nel mandato di perquisizione hanno modo di leggere che Lavitola è indagato per corruzione nei confronti di membri di stati esteri. Nell’atto il riferimento a Panama è esplicito: “Reato accertato in Napoli, in epoca anteriore e prossima al luglio 2011, in relazione a condotte specificamente esistenti tra Lavitola e il governo panamense, inerenti l’affidamento, intermediato da Lavitola, di lavori e commesse milionarie, riguardanti la costruzione di carceri e altre opere pubbliche, oggetto di specifico approfondimento investigativo”. La loro perquisizione, in fondo, dimostra proprio quello che cercavano: è la prova che la procura di Napoli sta indagando sugli affari stretti con il governo panamense.

Lina e Santiago sono pronti a scrivere lo scoop per La Prensa, la notizia farà tremare il presidente Martinelli e il governo intero, ma c’è di più: è la prova che le indiscrezioni pubblicate in esclusiva da Il Fatto Quotidiano il 18 ottobre scorso sono più che fondate. Parliamo di un affare da 100 milioni di euro, poi sfumato, sulla costruzione di carceri con celle modulari. Eppure c’era stata un’intesa, firmata nel 2010, tra Silvio Berlusconi e Martinelli. E anche in quel caso, ci avevano spiegato fonti riservate, c’era lo zampino di Lavitola. Il sospetto è confermato dalla perquisizione che la procura di Napoli ha disposto due giorni fa. L’accordo per le carceri a Panama arriva nelle stesse ore dell’intesa per gli affari con Finmeccanica.

Il partner italiano prescelto dai panamensi per l’affare delle celle modulari è il consorzio Svemark e Lavitola è messo al corrente dell’evoluzione dell’affare. Non solo. Tra i soci della Svemark c’è anche Angelo Capriotti. Lo stesso Capriotti che ha assunto la moglie di Gianpi Tarantini, Nicla De Venuto, e così l’affare panamense – per il tramite di Lavitola – inizia a trovare contatti con un’altra inchiesta: quella avviata, sempre dalla procura di Napoli (e poi approdata a Roma e Bari), sui soldi pagati da Berlusconi a Tarantini, proprio attraverso Lavitola, per mentire alla procura di Bari nel procedimento sulle escort. Non c’è solo Capriotti, però, nella Svemark: tra i soci c’è anche Mauro Velocci. Ed è proprio lui che Woodcock e la Digos stanno cercando, quando decidono di perquisire gli inviati de La Prensa: “Velocci Mauro – si legge negli atti – s’è incontrato, o meglio si sta incontrando, nel pomeriggio odierno, con una giornalista panamense presso l’hotel …”. La Digos rintraccia Velocci proprio mentre sta parlando con i giornalisti. Gli agenti esibiscono il tesserino sotto gli occhi increduli degli inviati panamensi. Due giorni fa, il quotidiano filo governativo El Panama America, aveva anticipato l’arrivo di Velocci in Italia da Panama, scrivendo che, proprio Velocci, era la fonte delle notizie rivelate dalla leader dell’opposizione, Balbina Herrera, che in tv aveva letto alcune e-mail tra Lavitola e Martinelli. Al centro dello scandalo a Panama ci sono oltre agli affari di Lavitola con Velocci sul fronte carceri, anche le commesse ottenute da Finmeccanica, grazie anche al faccendiere, per l’acquisto di radar ed elicotteri. Per favorire un clima positivo tra Italia e Panama, Lavitola aveva sponsorizzato il dono di alcune navi dall’Italia e un trattato che avrebbe aiutato il paese centro americano ad uscire dalla lista dei paradisi fiscali.

Proprio in queste ore, tra i cronisti panamensi, circolano i testi di altre conversazioni tra Lavitola e Martinelli. Come la seguente, che sembra una sorta di programma del governo: “Capo”, scrive Lavitola a Martinelli, “programmi Tv ok (forse Lavitola si riferisce alle trattative con Raitrade, ndr), trattato doppia tributazione ok, navi ok (aspetto la conferma per la visita dei marinai), radar: l’autorizzazione del ministero (Garuz) è partita questa settimana. La controlleria ha trattenuto i documenti per più di due mesi. Entro 30 / 60 giorni sarà tutto ok. Ti prego con tutto il cuore di fidarti di me. Un fraterno abbraccio. Valter”. “Gracie mille”, risponderà poche ore dopo Martinelli. Era il 22 gennaio 2011. In effetti, come rivelato da Il Fatto quotidiano, il 30 dicembre 2010 era stato firmato il trattato di doppia imposizione fiscale con Panama, che però l’Italia non ha mai ratificato. Anche per le navi, almeno nei primi tempi, l’affare stenta a realizzarsi, tanto che l’ambasciatore italiano a Panama, Curcio, scrive a due funzionari di Palazzo Chigi. Riferisce di aver ricevuto una telefonata, dal presidente Martinelli, che è furioso perché Berlusconi non sta rispettando due impegni. Il primo riguarda la costruzione di un ospedale a Veraguas, il secondo la consegna di quattro motovedette alla marina panamense. Curcio però aggiunge: “La telefonata è da mettere in relazione con alcuni contatti per cercare di sbloccare la questione delle carceri modulari dell’azienda italiana Svemark …”. Sempre parlando di Martinelli, Curcio prosegue: “Ha detto che le carceri modulari sono care e non le farà mai”, conclude l’ambasciatore, chiedendo l’intervento di Berlusconi. E proprio di “carceri e altre opere pubbliche” parla il decreto di perquisizione: Velocci – che è presidente della Svemark Panama – in queste ore è stato sentito dagli inquirenti napoletani: la sua deposizione può far tremare Lavitola e l’intero governo panamense.

di Francesca Biagiotti e Antonio Massari

da Il Fatto Quotidiano del 16 dicembre 2011

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