Con l’azione parlamentare congelata dal governo tecnico, nel Pd sta per iniziare (ammesso che fosse mai finita) la stagione delle conte interne. Il primo appuntamento in programma nello scontro tra correnti è a marzo, quando l’organizzazione giovanile del partito celebrerà il congresso nazionale. Sarà il primo banco di prova per le varie anime in perenne combutta nel marasma democratico. L’assise ufficialmente non è ancora stata convocata, ma il calendario che uscirà dalla direzione nazionale prevista per metà dicembre, è presto fatto: a gennaio iniziano i circoli, a febbraio le federazioni regionali e a marzo appunto tocca ai vertici nazionali.

Salvo sorprese, a differenza del congresso di 3 anni fa, stavolta il segretario non sarà votato dagli iscritti. O meglio, sarà scelto per via indiretta. Uno dei primi atti del leader attuale dei Giovani democratici, Fausto Raciti, è stato cancellare dallo statuto le primarie, lo strumento con cui era stato eletto nel novembre del 2008, con oltre centomila partecipanti. Il nuovo regolamento infatti prevede il cosiddetto “congresso a tesi”, ovvero un documento unico presentato dall’esecutivo uscente che potrà poi essere emendato dai vari livelli territoriali, fino alla platea nazionale. Cosa significa? Che gli iscritti non voteranno i candidati segretari, perché questi verranno fuori solamente al passaggio successivo. I tesserati scelgono solo i delegati, i quali andranno a far parte di assemblee che avranno poi il compito di nominare i nuovi vertici, con tutto il tempo per le lunghe trattative tra capibastone.

In pratica fino a marzo, quando sarà composta definitivamente l’assemblea congressuale nazionale, non si conosceranno i nomi degli aspiranti leader. Un congresso “al buio” quindi fino al passaggio finale. Chi sicuramente sarà in campo è lui, il segretario uscente, che in queste ore sta facendo di tutto per costruire un “congresso unitario”, ovvero con un’unica candidatura, la sua, benedetta da Bersani e dall’area dalemiana del movimento. Ora bisognerà vedere cosa farà l’ala più moderata, i popolari e gli ex rutelliani, ovvero l’ossatura dell’ormai sciolta organizzazione giovanile della Margherita, oggi molto vicini al capogruppo alla Camera Franceschini. Fino a poche settimane fa sembrava possibile una loro candidatura autonoma, un modo per contarsi e poi magari chiedere a Raciti la presidenza del movimento. “Ma la presidenza è un ruolo che non esiste, non è previsto dallo Statuto. E io non ci penso minimamente a crearlo”, spiega il segretario. Difficile che vengano fuori anche i renziani, ancora pochi dal punto di vista numerico.

Insomma, se qualcuno vuole candidarsi lo fa a suo rischio e pericolo, rischiando di schiantarsi contro il muro dei pasdaran dalemiani, già pronti a cannibalizzare le liste bloccate dei delegati nei singoli circoli. Ecco perché oggi appare probabile una soluzione di compromesso, una sorta di “congresso ponte” che nomini quadri destinati a durare non più di un anno e mezzo. Perché il nuovo segretario molto probabilmente avrà assicurato un seggio alla Camera alle prossime politiche, che siano nel 2012 o nel 2013, e subito dopo il voto si aprirà un’altra conta. Quella vera.

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