Una festa del Ringraziamento indimenticabile di certo, quella trascorsa ieri da Lee Anthony Evans, l’uomo tornato in libertà dopo il verdetto di piena innocenza emesso dalla giuria nella giornata di mercoledì: si è difeso senza avvocato ed è riuscito a evitare l’ergastolo. Evans, un muratore e idraulico di Newark, era stato arrestato l’anno scorso con l’accusa di aver ucciso, facendoli bruciare in un incendio da lui appiccato cinque adolescenti, i cui corpi, tuttavia, non erano mai stati ritrovati.

Durante la lettura della sentenza, che ha lasciato a bocca aperta e amareggiati i parenti delle vittime, Evans è rimasto quasi impassibile, senza esprimere nessuna emozione. Suo figlio, invece, presente in aula, è dovuto scappare via e nascondersi in un bagno perché incapace di trattenere il pianto e l’emozione. Nessuno prevedeva un epilogo del genere, soprattutto perché Evans, al quale era stato assegnato un avvocato d’ufficio, aveva deciso di difendersi da solo riuscendo a smantellare l’accusa che si é rivelata troppo traballante.

I fatti dei quali Evans era accusato erano avvenuti nel 1978, precisamente il 20 agosto, quando cioè Alvin Turner di 16 anni, Melvin Pittman di 17, Randy Johnson di 16, Ernest Taylor di 17 e Mr. Mac Dowell di 16 furono visti per l’ultima volta vivi da diverse persone. Secondo le testimonianze, i cinque stavano recandosi ad incontrare Evans per il quale, di tanto in tanto, lavoravano quando non impegnati con la scuola; un testimone raccontò anche di averli visti seguire, in bici, il camion dell’uomo, molto famoso in città per quella grande scritta “Evans e Son” che Lee Anthony aveva fatto dipingere dopo la nascita di suo figlio.

Da quel momento, misteriosamente, nessuno aveva più avuto nessuna notizia dei cinque adolescenti che per trent’anni erano stati dichiarati scomparsi. Le loro vite, infatti, sembravano, improvvisamente, essere state inghiottite nel nulla: nessuna traccia in ospedali o prigioni e nessun ritrovamento dei corpi. Varie volte, nel corso di questi 30 anni, i parenti dei ragazzi erano tornati alla carica dagli investigatori per chiedere di continuare le indagini e analizzare altre prove e testimonianze. Alcuni avevano anche gettato dubbi sulla figura di Evans con il quale, sapevano, i ragazzi trascorrevano del tempo.

La svolta nei fatti, tuttavia, si ebbe nel 2008, quando un ex detenuto, Phil Hampton, aveva confessato che i cinque ragazzi erano stati, con la sua complicità, attirati da Evans in una casa abbandonata, rinchiusi in uno sgabuzzino e lasciati morire fra le fiamme dell’incendio appiccato da Lee Anthony. La ragione sarebbe stata una vendetta del muratore per il furto di marijuana subito da parte dei cinque. Hampton nella sua testimonianza disse che era sicuro che Evans volesse solo spaventare i ragazzi e che quindi la scena lo colse completamente di sorpresa.

Tuttavia, Evans non aveva mai cercato di scappare (era fuori su cauzione) e, in una telefonata con Hampton, che aveva provato a farlo confessare, aveva ribadito la sua innocenza: le sue inaspettate capacità di avvocato erano riuscite a gettare grandi ombre sulla solidità delle accuse. Al punto che la giuria gli ha creduto, considerando che ci fosse più di un legittimo dubbio riguardo a tutta la vicenda. Dopo aver abbandonato l’aula, Evans è entrato nell’ascensore che lo riportava all’esterno, finalmente libero, e si è preso la testa fra le mani e ha pianto. “Hai vinto” gli ha detto un amico che era con lui. Ma Evans ha scosso la testa.

Il Fatto Quotidiano, 25 novembre 2011

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