Enrico Rizzo e Raffaele Larocca si sono presentati questo pomeriggio in procura a Bologna, convocati dal sostituto procuratore Valter Giovannini. Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, ma ciascuno ha consegnato agli inquirenti una memoria difensiva.
I due sono indagati nell’inchiesta sui concorsi Acer, l’Azienda Casa Emilia Romagna, aperta quest’inverno in seguito alla diffusione di un dossier anonimo. Rizzo, indagato per il reato di abuso d’ufficio, è sotto accusa per il concorso vinto da Gigliola Schwarz, moglie del consigliere comunale del Pd Claudio Mazzanti (vicino al sindaco Virginio Merola), la quale non risulta indagata, e alcuni giorni fa è stata sentita come persona informata sui fatti dai magistrati, nel più assoluto riserbo. Rizzo è inoltre indagato, insieme a Larocca, per la conferma (fino al 2017) a direttore generale dello stesso Larocca.
Quest’ultimo e l’avvocato Marco Sforzi, all’uscita dal palazzo a vetri di piazza Trento Trieste, sono sfuggiti a cronisti e fotografi. Così come Enrico Rizzo; uno dei suoi legali, l’avvocato Ferdinando Di Francia, ha però dichiarato che con la memoria consegnata ai magistrati “si azzerano le ipotesi di reato. Non ci sono violazioni penali, ammesso e non concesso è una questione esclusivamente amministrativa”.
Nella memoria di Enrico Rizzo, firmata insieme all‘avvocato Alessandro Gamberini, il presidente Acer porta davanti ai magistrati gli “elementi utili a mia difesa”. Lo fa sui due fronti contestati dagli inquirenti: la nomina di Gigliola Schwarz e la proroga di Raffaele Larocca.
“Non ho mai interloquito sul testo del bando oggetto di attenzione, né tanto meno sui requisiti di ammissibilità dei candidati” scrive Rizzo in riferimento alla nomina della moglie di Claudio Mazzanti (Pd), “funzionaria di grande valore”. E continua: “Mi sono limitato a sottoscrivere quanto mi veniva sottoposto dagli uffici amministrativi che avevano proceduto a redigerlo. Non ho mai avuto alcun dubbio sulla legittimità, perchè i requisiti erano coerenti alle esigenze dell’Azienda nel posto che veniva messo a concorso”.
Secondo Rizzo il reato di “violazione di leggi e regolamenti” è “del tutto insussistente”. La difesa di Rizzo si basa sul fatto che Acer sia un ente pubblico economico, come “espressamente catalogato” in una legge regionale. Mentre il “richiamo alla normativa” sarebbe “fuori luogo” in quanto come oggetto della disciplina si prevedono “gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali”. Una difesa che, a detta di Rizzo e dell’avvocato Gamberini, si fa forza grazie ai “pareri richiesti su altre materie a esperti di diritto amministrativo, coerenti con tale assunto”, riferendosi al parere del professore Giuseppe Caia, ordinario di diritto amministrativo all’Università di Bologna.
Sul fronte, invece, della proroga al contratto di Raffaele Larocca come direttore generale, Rizzo scrive di averlo conosciuto “nell’occasione nella quale egli ha partecipato e vinto il concorso pubblico per la selezione del direttore generale di Acer”. “Lo vinse per titoli e meriti – continua -: egli era per tutti e anche per me un illustre sconosciuto”. Rizzo dichiara inoltre di non aver avuto “rapporti personali e familiari di frequentazione”, ma ne apprezza il lavoro e “i risultati, in assoluta autonomia e riferendosi sempre al consiglio di amministrazione”.
Inoltre – si difende – “la presenza del vicepresidente è continuativa”, avendo avuto “un ufficio affianco al mio”. Rizzo esclude, poi, di aver “trattato mai direttamente con il dott. Larocca della questione”. E ricorda che Larocca nel 2009 parlò di un’alternativa di lavoro, che “gli avrebbe consentito di raggiungere l’età della pensione in forma adeguata, mentre temeva che, se avesse atteso alla scadenza del suo mandato nei primi mesi del 2012, avrebbe avuto difficoltà, in caso di mancato rinnovo, a trovare altra occupazione”. Motivo per cui “ritenemmo utile, dopo qualche tempo e di fronte alle sue insistenze, di accordargli tale proroga, perchè paventavamo l’uscita dall’azienda dei due capiservizi”. Fu così richiesto un parere giuridico all’avvocato Franco Di Teodoro, che valutò legittima la prosecuzione del contratto, votato con parere positivo anche dal collegio sindacale.
Una violazione, secondo la Procura, che però – scrive Rizzo – non fu rilevata dal Commissario straordinario Anna Maria Cancellieri, né dal Presidente della Provincia di Bologna, Beatrice Draghetti, che si limitarono nel giugno 2010 a “esprimere alcune perplessità in ordine ai canoni temporali di valutazione dei risultati di buona amministrazione”.