Vino“Non c’è degustatore se non c’è esperienza” scrisse Emile Peynaud, il padre dell’enologia moderna e della degustazione come disciplina “L’esperienza gustativa di assaggiatori specializzati e sperimentati è insostituibile, in quanto basata su centinaia di confronti sensoriali”. Dunque, essendo l’Italia il paese col maggior numero di diverse guide vinicole al mondo (e quindi di critici?), ci aspetteremmo che tutta questa doviziosa esperienza di assaggi si traduca in qualche consonanza di giudizi: cioè vini modello, che rappresentino al meglio la nostra viticoltura e siano indiscutibilmente buoni.

Invece, ogni anno in autunno, ci si avvede che tale consonanza è impossibile. Difatti, come ha scritto il sito winenews.it, a comparare i migliori vini del 2012 sentenziati da 6 diverse guide* emerge che i vini modello sarebbero solo due: il Sassicaia 2008 e il Primitivo di Manduria “Es” 2009.  Il primo è un famoso uvaggio fra due vitigni francesi, vinificato alla francese: seppure è paradossalmente da decenni uno dei vini italiani più conosciuti al mondo. Il secondo è vino autoctono prodotto da una piccola, appassionata e giovane azienda della Puglia. Entrambi i vini sono buoni, li abbiamo anche riassaggiati di recente. Ma è mai possibile che siano solo questi due a mettere d’accordo il palato degli esperti? Sarebbero solo due vini a rappresentare la complessità e la storicità della produzione vinicola italiana, fra le più varie, se non la più varia al mondo?

Se poi, alla comparazione dei giudizi, aggiungiamo un altro paio di guide (ce ne sarebbero altre ancora, senza considerare quelle regionali), i vini modello divengono zero: cioè nessuno. Sicché, considerando il panorama enologico italiano e la sua storia, ci si domanda come si possa fare una guida dei vini d’Italia senza recensire i migliori vini italiani. Ad esempio il Brunello di Montalcino di Soldera Case Basse, indiscutibilmente uno dei migliori vini d’Italia, è presente solo in una delle tante guide: in quanto Gianfranco Soldera non ha mai mandato vini in assaggio alle guide.

Dunque le guide, oltre ai conflitti di interesse di cui abbiamo già scritto, soffrono dell’approssimazione di recensire soltanto le bottiglie che vengono loro inviate. Allo stesso modo dei concorsi. “È come se si facesse un torneo mondiale di calcio senza le squadre migliori. Che senso ha, poi, decretare che la vincitrice sia la migliore squadra del mondo?”

Pertanto abbiamo deciso di elencarvi i più grandi vini italiani assaggiati quest’anno:

Barolo Riserva Monfortino 2004 – Giacomo Conterno

Barolo Le Rocche del Falletto Riserva etichetta rossa 2007 – Bruno Giacosa

Brunello Di Montalcino Riserva Case Basse 2006 – Soldera (in commercio c’è il 2004)

Barolo Monprivato 2006 – Giuseppe Mascarello

Barbaresco Pajè 2004 – Roagna (ma anche il 2006 Asili)

Barolo Falletto 2007 – Bruno Giacosa

Barolo Cascina Francia 2007 – Giacomo Conterno

Brunello di Montalcino 2006 – La Cerbaiona

Brunello di Montalcino 2004 riserva – Poggio di Sotto (2006 base già uscito)

Rosso di Montalcino 2007 – Poggio di Sotto (anche se è già uscito il 2008)

Pergole Torte 2008 – Montevertine

Di vini buoni e molto buoni ce ne sono ovviamente tanti altri, di altri vitigni e regioni e colori, menzionati nelle diverse guide: ma se mancano i vini o i produttori elencati, come si può pretendere di valutare la produzione vinicola nazionale? Per quale ragione siamo la sola nazione ad avere tutte queste guide vinicole? Probabilmente perché un vino, oggidì, ha più bisogno di essere celebrato che di essere buono. O perché, come mi è stato detto tempo fa, “in questo modo, ogni annata, avrà la sua buona recensione, in un paese o in un altro. Se non si finisce in una guida, si finirà in un’altra”.

E se da un lato occorre ricordare l’importanza che hanno avuto le guide nel promuovere e comunicare le eccellenze della viticoltura per quasi vent’anni, dall’altro lato ormai non c’è più alcun ritegno. Pur rispettando l’impegno dei tanti degustatori, ci domandiamo: ma queste guide vendono ancora al tempo dei blog e siti internet? Pare di sì, almeno qualcuna, a leggere quelli di Slow Food, che l’anno scorso si sono separati dal Gambero Rosso e hanno avviato una nuova guida vendendone 40.000 copie.

Di certo però, diversi produttori di qualità (più che di quantità) non hanno aumentato le vendite seppur continuando ad essere premiati dalle guide, e affermano “se mi premiano in Italia, non ricevo un ordine in più, e devo pagare pure le cene delle guide e le degustazioni. Se invece mi danno un buon punteggio in America, nella rivista The Wine Advocate, il giorno dopo gli ordini s’impennano”.

*Vini d’Italia-Gambero Rosso, Vini d’Italia-L’Espresso, I Vini di Veronelli Seminario Permanente Luigi Veronelli, Duemilavini- Ais Bibenda, Slow Wine – Slow Food, Annuario dei migliori vini italiani-Luca Maroni

(Foto Lapresse)

Articolo Precedente

Il linguista Sacconi

next
Articolo Successivo

Acqua e politica

next