di Carlotta Vissani

Tanto rumore per nulla? O l’autore di quello che dal 1951 è considerato il romanzo di formazione per eccellenza aveva validi motivi per accusare di plagio, pochi mesi prima di morire, il 35enne svedese che ha avuto l’ardire di scriverne il sequel? Stiamo parlando de Il giovane Holden ed è dunque facile immaginare le reazioni dei fan, tra stupore e indignazione, com’è ovvia l’esposizione mediatica di cui il libro ha goduto.

J.D California è lo pseudonimo che Fredrik Colting ha usato per pubblicare in Inghilterra “60 Years Later: Coming Through the Rye”, ora disponibile anche in traduzione italiana dopo l’edizione coreana, turca, ungherese, greca e brasiliana. Accolto tra critiche e pareri contrastanti il romanzo è stato bannato negli States da un giudice che, dando ragione a Salinger, ne ha impedito la diffusione.

Ci si chiede però perché darsi pena per quello che si rivela più un esperimento di fan fiction, destinato con probabilità a non lasciare il segno, che un vero e proprio seguito. Colting immagina Holden a 76 anni, incontinente, la schiena dolorante, le giornate chiuso in un ospizio, una visione deprimente di quello che era un adolescente indomito e pieno di energia. Ne racconta la fuga verso New York, simbolo di libertà e ribellione, proprio come accadde quando aveva sedici e anni e fu espulso dal college e intreccia ai ricordi una serie di incontri e avventure paradossali tra nostalgia e voglia di novità.

Inserisce poi una voce fuori campo – quella di Salinger ma anche dell’entità scrittore in senso lato – che si tormenta chiedendosi perché la creatura nata dalla sua penna sia ora più famosa di lui. “Avrei dovuto fare con lui ciò che Shelley fece col suo mostro. Ho lavorato duramente perché mi lasciasse in pace e ora sono io che lo riporto in vita per poterlo uccidere”, si legge. Missione impossibile. Far sì, poi, che l’Holden decrepito incontri Salinger de visu in uno degli ultimi capitoli è una trovata di cui avremmo fatto a meno.

Per salvare in corner lo svedese bisogna evitare ogni paragone con l’originale e passare sopra lo stile non propriamente brillante, apprezzando la volontà di dare allo scritto un taglio umano attraverso tematiche quali la fragilità della terza età, l’amore per la famiglia, il confronto con il passato. C’era bisogno di scomodare Salinger? No di certo. Quanto è sicuro è che, talentoso o meno, Colting merita una chance, se non altro perché è stato il primo ad aver sfidato, pur perdendo in partenza, un intoccabile della letteratura.
Fredrik Colting, 60 anni dopo, Cairo editore, pagg. 288, 15 euro

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