E’ credibile, in quest’Italia dove sembra sempre di essere vittime di una qualche emergenza (un giorno i rifiuti, quell’altro la democrazia, quello dopo ancora la carenza di denaro pubblico…) raccontare di esperienze virtuose e concrete, frutto di anni di lavoro lento e silenzioso, portate avanti da cittadini normali che per un periodo di tempo determinato scelgono di “occupare” le istituzioni locali, mettendosi al servizio delle comunità con trasparenza e buonsenso, efficacia e fantasia?

A guardare il panorama nazionale sembrerebbe di no… E invece esiste in Italia una rete di piccoli comuni, l’Associazione Comuni Virtuosi, che dal 2005 mette insieme le buone pratiche, le scopre negli angoli più impensati del Belpaese e le diffonde, come può, per valorizzare chi le sperimenta e fare in modo che sempre più sindaci in tutta Italia ne seguano l’esempio.

Nata su iniziativa di quattro comuni molto distanti e diversi tra loro (Colorno – PR, Monsano – AN, Melpignano – LE e Vezzano Ligure – SP) oggi la rete conta su 55 comuni soci, sparsi a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale.

Una goccia nel mare, se si pensa che in Italia i comuni esistenti sono 8.102, ma un campione qualitativamente significativo di ciò che potrebbero fare, volendo, tutti i primi cittadini d’Italia, se solo scegliessero di seguire le indicazioni dei comuni virtuosi. Questi comuni, infatti, sono un campione attendibile del panorama nazionale: a parte un paio di comunità intorno ai 50.000 residenti, la rete è fatta di comuni intorno ai 5.000 abitanti (che sono la gran parte dei comuni italiani); sono ben distribuiti in quasi tutte e 20 le regioni italiane; sono amministrati da giunte di destra come di sinistra o di liste civiche; sono comuni di pianura così come di montagna, che si affacciano sul mare o che stanno in collina; sono, infine, comuni con un’economia prevalentemente artigianale/industriale così come realtà rurali, dove l’agricoltura la fa da padrona.

Ma cosa fanno di particolarmente significativo questi sindaci che non si rassegnano ad essere inglobati nell’ondata di malcontento che si abbatte ciclicamente sulla cosiddetta casta e sulle istituzioni in generale? Cercano di governare, con la saggezza di un buon padre o madre di famiglia, la propria comunità, con il coinvolgimento diretto dei cittadini, avendo a cuore il territorio che amministrano, sempre più faticosamente, ogni giorno.

Ecco allora che la questione rifiuti viene affrontata (e risolta) attuando l’unico sistema che in tutto il mondo ha portato a spegnere inceneritori e chiudere discariche senza lasciare sacchetti di immondizia in giro per le strade: a Ponte nelle Alpi (BL), ad esempio, la raccolta differenziata con il sistema porta a porta ha raggiunto la soglia impressionante del 90% in due anni, con cittadini che producono meno di 30 Kg. all’anno pro-capite di rifiuti, quando la media nazionale si aggira intorno ai 600 Kg.

L’eliminazione dei cassonetti stradali, e soprattutto l’introduzione dei bidoncini casa per casa, appartamento per appartamento, porta i cittadini a rendersi conto, molto rapidamente, che gran parte dei prodotti acquistati e infilati quotidianamente nella borsa della spesa sono, semplicemente, rifiuti. Spesso, evitabili e inutili (basti pensare alla montagna di imballaggi che ci carichiamo sulla schiena…). Il porta a porta ha questo indiscutibile vantaggio: siccome i rifiuti non vengono più infilati in un sacchetto e poi “abbandonati” in un cassonetto per strada, ma divisi scrupolosamente in casa ed esposti solo nei giorni previsti dal calendario distribuito dal Comune, ecco che le famiglie si auto-educano e mettono in atto comportamenti virtuosi che, tra le conseguenze dirette, li portano a produrre molti meno rifiuti di prima.

Il Comune spende il 20% in meno di quando faceva la raccolta tradizionale con i cassonetti, l’occupazione è aumentata (servono più addetti per raccogliere quanto viene differenziato, in giorni differenti) e i cittadini vedono premiato il loro sforzo con uno sconto in tariffa. Grazie al principio “paghi solo ciò che non riesci a differenziare” anche i cittadini meno sensibili ai problemi del Pianeta sono stimolati a fare comunque per proprio meglio per ridurre il proprio impatto, ciò che garantirà loro alla fine dell’anno un bello sconto in tariffa…

Ponte nelle Alpi non è sulla Luna, ma un paesone di circa 10.000 abitanti che ha trasformato il no del comitato locale contro la realizzazione di una mega-discarica a servizio di tutta la provincia, in un’alternativa concreta che dovrebbe diventare paradigma nazionale per affrontare la questione rifiuti. E non si dica, obiezione tipica e scontata, che queste cose possono essere realizzate solo nei piccoli comuni ricchi del Nord. San Francisco, che non è proprio una comunità di pochi abitanti, oggi viaggia al 75% di raccolta differenziata, e moltissimi nostri comuni del Sud hanno raggiunto percentuali altissime di raccolta differenziata. Basta volerlo fare.

In questi ultimi mesi, poi, se guardiamo a un tema che ha tenuto banco tra l’opinione pubblica per diverse settimane fino al pronunciamento del recente referendum, ci rendiamo conto di quanto l’energia sia un nervo scoperto sul quale, proprio in un momento di crisi come quello attuale, le pubbliche amministrazioni potrebbero giocare un ruolo molto più significativo di quanto non stiano facendo in questo momento.

Gran parte dei nostri comuni soci hanno adottato piani energetici comunali facendo una fotografia, edificio per edificio, di quanto si consuma per riscaldare/raffrescare e illuminare una scuola, un asilo, un impianto sportivo, una biblioteca… Da qui sono partiti con interventi di riqualificazione energetica (nuove caldaie, infissi, cappotti esterni, maggiore coibentazione), ciò che ha consentito in alcuni casi di tagliare la bolletta energetica del 50, 70%. Portogruaro (VE), Capannori (LU), progetti e azioni concrete accompagnante dall’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili: impianti fotovoltaici, pannelli solari per il riscaldamento dell’acqua, sonde geotermiche.

Nel mio comune, Colorno (PR), abbiamo messo a disposizione le superfici (tetti e parcheggi) dei nostri edifici pubblici e, senza far spendere un solo centesimo ai nostri contribuenti, stiamo eliminando tutto l’amianto presente su questi edifici che verranno ricoperti nei prossimi mesi di pannelli fotovoltaici che produrranno l’energia necessaria per illuminarli ogni giorno. Inoltre al Comune verranno messe a disposizione per i vent’anni della durata della convenzione quattro auto elettriche con le quali sostituiremo parte del nostro parco mezzi.

Abbiamo edifici che producono più energia di quanta ne consumano, come la scuola materna ed elementare di Mezzago (MB), abbiamo cimiteri (Cassinetta di Lugagnano – MI – Camigliano – CE) dove grazie alla sostituzione di tutte le lampade votive con i LED si è tagliato del 90% il costo di gestione.

Cosa accadrebbe se queste ed altre iniziative venissero adottate e replicate su larga scala nelle grandi città italiane? A Colorno, grazie all’introduzione dell’acqua del rubinetto nelle mense scolastiche abbiamo eliminato, in due anni di sperimentazione, qualcosa come 200 mila bottiglie da mezzo litro in plastica… Cosa succederebbe se a fare una scelta di questo tipo fossero i comuni di Roma o Napoli…?

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