Respinge ogni accusa e definisce il piano terroristico che gli viene addebitato “un ridicolo show”. Risponde così l’Iran, all’attacco che gli arriva dagli Usa, dove la rivelazione americana di uno sventato complotto contro obiettivi israeliani e sauditi, fra cui l’ambasciatore di Riad a Washington, si è trasformata nel corso della giornata in un’offensiva su più fronti, dall’ipotesi adombrata di un possibile intervento militare, a quella di nuove sanzioni, con il possibile coinvolgimento dei partner europei e dell’Onu.

Finito nuovamente nel ciclone, e questa volta non per il programma nucleare che rimane il nodo più scottante dei suoi rapporti con l’Occidente, l’Iran non fa attendere la sua risposta. La quale, diversamente modulata a seconda di chi se ne è fatto portavoce, si impernia sulla reiterazione di alcuni concetti fondamentali: quella di Washington è solo “propaganda guerrafondaia” e una “cospirazione diabolica ben orchestrata”, ha detto l’ambasciatore iraniano all’Onu, Mohammad Khazaee; “uno spettacolo ridicolo” che punta a “seminare discordia” in Medio Oriente, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Ramin Mehmanparast, cui si è aggiunto il vice ministro Hassan Qashqavi, secondo cui gli Usa sono “invidiosi della stabilità” di cui gode l’Iran; gli americani “stanno cercando di distrarre l’opinione pubblica mondiale dalla rivolta popolare contro Wall Street”, ha esplicitato il deputato Alaeddin Boroujerdi, mentre il presidente del Parlamento Ali Larijani ha accusato gli Usa di fare “un gioco infantile” per coprire problemi interni.

Le parole che pesano di più sono state pronunciate dal ministro degli esteri Ali Akbar Salehi: “Non cerchiamo il confronto, ma se ce lo impongono le conseguenze più dure saranno per loro”, ha detto, ricordando che Washington ha spesso avanzato contro l’Iran simili accuse negli ultimi 30 anni, come nel caso dell’attentato di Lockerbie attribuito poi alla Libia.

E se il principe saudita Turki al-Faisal ha parlato di “prove schiaccianti” contro Teheran, Salehi ha assicurato che le relazioni dell’Iran sciita con il regno sunnita di Riad, il suo principale antagonista islamico sulla scena mediorientale, “sono buone”, e le differenze di vedute “riguardano solo questioni internazionali”. Non una parola invece dalla Guida suprema Ali Khamenei che, arrigando una folla plaudente nella città occidentale di Kermanshaw, ha preferito parlare di questioni interne, rilevando però che gli ‘indignados’ statunitensi contro Wall Street “getteranno a terra il sistema capitalista occidentale”: forse un richiamo a chi vuole vedere nelle accuse all’Iran una manovra diversiva. Fra questi anche il generale Hossein Salami, capo aggiunto delle Guardie della Rivoluzione, il cui corpo d’elite ‘al Qods’ sarebbe implicato per gli Usa nel complotto per uccidere l’ambasciatore di Riad.

Intanto Teheran ha convocato l’incaricato d’affari dell’ambasciata svizzera, che rappresenta gli interessi di Washington da quando si sono rotte le relazioni diplomatiche con la Repubblica islamica nel 1980, per manifestargli la sua “ferma protesta” contro le “infondate accuse” sul presunto complotto terroristico. Semmai, gli è stato detto perchè riferisse a Washington, è proprio l’Iran ad essere vittima di gruppi terroristici sostenuti dagli Usa.

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