Potrebbe trasformarsi nell’ennesima battaglia tra le “famigerate” agenzie di rating e la sempre più inquieta Europa “dei debiti”. Almeno, s’intende, se fosse confermato il sospetto avanzato oggi da Bloomberg sul destino degli eurobond, le obbligazioni congiunte a marchio Bce che molti (Tremonti in testa) vedono come unica soluzione al problema del deficit continentale. Il punto del contendere verte ovviamente sul giudizio di qualità e, visti i protagonisti, non potrebbe essere altrimenti. Fatto sta che, criteri alla mano, una nuova tegola sembra destinata ad abbattersi sul progetto di rastrellamento di liquidità da parte dell’Europa. Un progetto basato proprio sugli eurobond, strumenti di indebitamento che rischiano ora di essere messi niente meno sullo stesso piano dei bond greci.

A lanciare l’allarme è stato oggi Moritz Kraemer, un nome che a molti non dirà nulla ma che, disgraziatamente, non identifica esattamente un analista qualsiasi. Kraemer è infatti niente meno che il managing director della divisione “rating europei” dell’agenzia Standard & Poor’s, la stessa che si è dichiarata pronta a declassare il debito greco dall’area junk all’ancora più infame SD: quella del default selettivo. Il guaio è che l’esperienza greca rischia ora di diventare un pericoloso punto di riferimento per un progetto ancora tutto da approvare e che si scontra con l’opposizione dell’asse franco-tedesco, il più influente di Eurolandia.

Proprio le vicende tedesche suggerirebbero a S&P’s un severissimo criterio di valutazione di fronte all’ipotetica emissioni obbligazionaria congiunta della Bce. Il riferimento corre alle già sperimentata realizzazione di bond comuni da parte di singoli governi locali tedeschi valutati, nonostante tutto, dal giudizio di rating del Land più debole. Per questo, ha spiegato Kraemer nel corso di una conferenza ad Alpbach, in Austria, applicando lo stesso principio – il cosiddetto “weakest link approach” – gli eurobond dovrebbero essere valutati con un giudizio di doppia C (e non SD visto che bontà loro non sono ancora in default), il cosiddetto rating junk, ovvero “spazzatura”, che caratterizza i bond di Atene. E poco importa che in fatto di copertura la Grecia compenserebbe nel caso appena il 2% delle garanzie sui titoli europei.

L’aspetto paradossale, ma in realtà consequenziale, è che a patire i peggiori effetti di questo tipo di valutazione sarebbero proprio i sei Paesi del club della tripla A, con Germania e Francia, i fautori del maggior sforzo finanziario, ovviamente in testa alla classifica. Un eurobond valutato CC sarebbe infatti collocato sul mercato ad un interesse molto elevato facendo aumentare in un solo colpo il livello di indebitamento programmato. Per la Germania, che garantirebbe nella fattispecie il 27% del controvalore obbligazionario – ha sottolineato Kraemer – la qualifica di bond spazzatura si tradurrebbe in costi totali pari a 47 miliardi di euro. Chissà, verrebbe da pensare, quale sarà stata la reazione di Angela Merkel alla comunicazione della notizia sui costi ipotetici del piano. Pessima, quasi certamente. Anche se forse non così furibonda rispetto a quella potenziale dei suoi elettori.

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